La Corte di Cassazione con sentenza n. 56962/2018, ha superato due precedenti ed opposti orientamenti.

Il fatto ha riguardato un camionista che si è messo alla guida del proprio tir, dopo le ore 22.00, con un tasso alcolemico accertato sopra quello legale, pari a 1.5 ml per litro.

Gli Ermellini hanno deciso che, per chi è stato condannato per guida in stato di ebbrezza, la sanzione accessoria della revoca della patente di guida, deve essere sospesa se è stata applicata la pena sostitutiva dei lavori di pubblica utilità.

Se ne deduce che in tal caso, la competenza a provvedere sulla sanzione accessoria della revoca della patente di guida spetta al Prefetto, e non al Giudice, in forza della norma generale di cui all’art. 224 cod. strada.

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Le Sezioni Unite Civili della Suprema Corte di Cassazione, con la sentenza n. 32358, pubblicata il 13 dicembre 2018, hanno respinto il ricorso proposto da Juventus Football Club contro il C.O.N.I. ed F.C. Internazionale, confermando la sentenza della Corte d’Appello di Roma che ha definitivamente assegnato lo scudetto per la stagione 2005/06 ai nerazzurri.

Il fatto.

Come ricorderanno gli appassionati, la stagione 2005/06 del campionato di calcio di Serie A si è conclusa con la Juventus prima classificata, il Milan seconda e l’Inter sul gradino più basso del podio.

A seguito di un procedimento disciplinare per illeciti sportivi aperto nei confronti delle prime due posizionate, però, i bianconeri sono stati retrocessi in Serie B ed i rossoneri pesantemente penalizzati. Di conseguenza, nel luglio del 2006, su delibera del Commissario straordinario della F.I.G.C., il titolo di “Campione d’Italia” è stato assegnato all’Inter.

Nel 2011, la Società torinese ha chiesto alla F.I.G.C. di revocare, in autotutela, lo scudetto assegnato alla squadra di Milano, non vinto sul campo, a causa delle inchieste sorte all’epoca nei confronti di quest’ultima Società, poi tutte archiviate.

La Federazione, tuttavia, non ha accolto tale richiesta.

Così la medesima squadra di Torino si è rivolta al T.N.A.S. (Tribunale Nazionale di Arbitrato per lo Sport), chiedendo la revoca sia della deliberazione commissariale, sia del provvedimento federale, oltre ad un congruo risarcimento dei danni.

Questo Collegio Arbitrale, con lodo del 15 novembre 2011, ha respinto la domanda, dichiarando la propria incompetenza a decidere. Ha ritenuto, infatti, che la richiesta, palesemente riguardante il mondo dello sport, concernesse una situazione giuridica soggettiva (formalmente e sostanzialmente) indisponibile da parte della F.I.G.C. e, pertanto, non compromettibile.

La Società torinese, allora, ha impugnato per nullità il lodo del T.N.A.S. dinanzi alla Corte d’Appello di Roma, chiedendo, anche in questa sede, la disapplicazione dei due predetti provvedimenti.

Con sentenza n. 7023 del 22 novembre 2016, i giudici romani hanno dichiarato di non poter conoscere l’impugnazione del lodo arbitrale, per difetto assoluto di giurisdizione.

La Juventus, quindi, ha proposto ricorso dinanzi alle Sezioni Unite della Corte di Cassazione, chiedendo di dichiarare la giurisdizione ordinaria della Corte d’Appello di Roma, o quella amministrativa del T.A.R. per il Lazio.

La pronuncia delle Sezioni Unite.

Con la sentenza in commento è stato rigettato il ricorso in quanto dichiarato infondato.

Gli Ermellini, in particolare, dopo aver preliminarmente ribadito il principio (già sancito in Cass., SS.UU., n. 18052/2010) per il quale “la giustiziziabilità della pretesa dinanzi alla giustizia statale costituisce una questione non di giurisdizione ma di merito“, hanno confermato quanto osservato dalla Corte territoriale in materia di autonomia dell’ordinamento sportivo nazionale.

Per pacifico orientamento della giurisprudenza costituzionale, infatti, le questioni riguardanti la regolarità delle competizioni ed il corretto svolgimento delle attività agonistiche sono riservate all’autonomo ordinamento sportivo. Possono essere devolute al giudice ordinario, per contro, solo le vertenze patrimoniali tra società, atleti e tesserati.

A causa, dunque, del chiaro oggetto dell’impugnazione del lodo del T.N.A.S., e cioè “l’attribuzione e la revoca (quale contrarius actus) del titolo di campione d’Italia“, le Sezioni Unite hanno definitivamente ritenuto la questione rientrante nell’autonomia dell’ordinamento calcistico e assolutamente irrilevante per l’ordinamento statale.

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Avv. Mattia Verza

Laureato in giurisprudenza presso l’Università degli Studi di Verona, dopo aver conseguito l’abilitazione presso la Corte d’Appello di Venezia, è iscritto all’Albo degli Avvocati di Verona. È esperto di diritto civile e diritto commerciale.

Con la recente sentenza n. 31950/2018, la Suprema Corte di Cassazione ha stabilito l’esclusione del risarcimento danno parentale per morte del coniuge da incidente se, il marito, ha avuto una relazione extra-coniugale con nascita di un figlio.

L’incidente tra il veicolo condotto dalla moglie e il mezzo agricolo ha avuto esito drammatico e, tutti i parenti più stretti, hanno potuto legittimamente pretendere un adeguato ristoro economico per il grave danno subito. Ad eccezione del marito, al quale gli è stato negato il risarcimento, poichè aveva mantenuto una relazione extra-coniugale con conseguente nascita di un figlio tre mesi prima del decesso della moglie.

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Il T.A.R. per il Lazio, con la sentenza n. 12094/2018, pubblicata il 12 dicembre 2018, ha respinto il ricorso proposto da Vodafone Omnitel contro l’AGCOM, per l’annullamento della delibera n. 161/14/CONS, con la quale le era stata irrogata una sanzione amministrativa pecuniaria di 255 mila euro.

Il fatto.

Nel dicembre 2013, l’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni aveva contestato alla Compagnia telefonica la violazione dell’art. 80, commi 4-bis e 4-ter, del Codice delle Comunicazioni Elettroniche, per aver creato plurimi disservizi nei confronti dei propri clienti. Questi ultimi consistevano nel mancato rispetto delle norme di legge nel curare i processi di migrazione degli utenti, nei casi in cui Vodafone stessa era coinvolta come operatore donating (cioè tenuto al rilascio del proprio ex cliente a vantaggio di altro operatore, detto recipient).

L’AGCOM aveva appurato che Vodafone non eseguiva le attività di propria competenza secondo i tempi e le modalità previsti dalla legge, ledendo così i diritti degli utenti di optare per offerte economicamente più vantaggiose e di usufruire in maniera regolare dei servizi voce e dati anche durante i tempi necessari al trasferimento delle utenze presso un’altra impresa.

La società, in particolare, “aveva attuato, nel corso delle attività di passaggio dei clienti ad altro operatore, ‘procedure interne non conformi a quanto disciplinato dalla legge e dai regolamenti emanati dall’Autorità con particolare riferimento alla mancata esecuzione delle attività di competenza in concomitanza della data di attesa consegna del servizio (cd. DAC)‘”.

Nei casi in cui Vodafone assumeva il ruolo di operatore donating, essa provvedeva a de-configurare del tutto il cliente dai propri sistemi solo nel momento in cui aveva la certezza delle operazioni di avvenuta migrazione (cioè nel momento della notifica di espletamento, cd. NES) e non, invece, alla data temporalmente antecedente della “attesa consegna del servizio”, come previsto dalla normativa in materia.

La pronuncia del Tribunale Amministrativo.

Con la sentenza in commento, pertanto, è stata confermata l’illegittimità della prassi adottata dalla compagnia telefonica in modo del tutto arbitrario, non rientrando tra i compiti assegnati al donating quello di prevenire gli eventuali disguidi che l’utente potrebbe subire nel caso in cui l’operatore incumbent non eseguisse tempestivamente le attività di trasferimento della linea di sua competenza. Di conseguenza il T.A.R. per il Lazio ha confermato la sanzione amministrativa irrogata dall’AGCOM.

Clicca qui per leggere il testo integrale della sentenza:

https://www.giustizia-amministrativa.it/cdsintra/cdsintra/AmministrazionePortale/DocumentViewer/index.html?ddocname=4SH7OL6AB4HU6VZQFKC6IY7SKY&q=

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Cass. 29254/2018: attraversare la strada in modo imprudente e in condizioni psico-fisiche precarie, cioè dopo l’utilizzo di stupefacenti e alcol, comporta un “prevalente concorso di colpa” nel caso in cui si venga investiti da un veicolo.

Questo è quanto deciso dalla Suprema Corte con sentenza n. 29254/18, che ha attribuito la responsabilità dell’incidente in misura dei tre quarti alla persona investita poichè, al momento dell’attraversamento, un testimone, ha riferito che la persona travolta dall’auto “puzzava di birra e barcollava” e secondo i Giudici avrebbe dovuto usare la massima prudenza essendo una strada priva di illuminazione artificiale e in ora buia.

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Le SS.UU. con sentenza n. 30657/2018 hanno disposto che, se in un giudizio di divorzio introdotto innanzi al giudice italiano, vi siano domande inerenti la responsabilità genitoriale di figli minori non residenti abitualmente in Italia, la giurisdizione spetta alla Autorità Giudiziaria del paese di residenza abituale del minore, ai sensi degli artt. 8, par. 1, del Regolamento CE n. 2201 del 2003 e 3 del Regolamento CE n. 4 del 2009, poichè si tende a salvaguardare l’interesse preminente del minore e che i provvedimenti siano adottati dal giudice del luogo più vicino al medesimo.

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Con la recente sentenza n. 26770/2018, la Suprema Corte di Cassazione, decidendo su una richiesta di risarcimento dei danni avanzata dal proprietario di un cane per i danni da quest’ultimo subiti a seguito di un investimento stradale, ha negato la risarcibilità del danno non patrimoniale derivante dal ferimento dell’animale da affezione. Questo evento, infatti, non rientra in alcuna categoria di danno risarcibile. Non è sufficiente, pertanto, la deduzione di un danno in re ipsa, con il generico riferimento alla perdita della “qualità della vita”, ma è necessaria la prova dell’effettivo danno subito.

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