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La Sezione Terza Penale, della Suprema Corte di Cassazione, con sentenza n. 5788/2017, depositata in data 07 febbraio 2018, ha statuito che, in caso di assenza di rischi per la salute dei consumatori, non è necessaria la confisca se, sull’etichetta delle bottiglie di vino, compare la denominazione d’origine protetta ed è priva del trattamento a cui è stato sottoposto.

Il fatto

Il Tribunale ha condannato una azienda agricola al pagamento di una sanzione per il reato di vendita di prodotti industriali con segni mendaci, ex art. 517 c.p.

Inoltre, con sentenza, ha disposto il dissequestro di un quantitativo di bottiglie che erano state confiscate per etichette equivoche.

Le bottiglie di vino erano da intendersi intrinsecamente criminose, poiché erano prive di indicazioni riguardo al trattamento e sprovviste dell’origine del prodotto.

La pronuncia 

Quanto sollevato dal ricorrente è stata la natura “intrinsecamente criminosa” del bene, poiché non vi era indicazioni sui trattamenti ai quali era stato sottoposto.

Il reato, ha ad oggetto la tutela del leale esercizio del commercio e protegge l’interesse del consumatore a non ricevere una cosa differente da quella richiesta.

La sentenza impugnata ha dato atto che le bottiglie non contenevano sostanze alimentari nocive per la salute del consumatore, e che pertanto l’illecito contestato riguardava unicamente la corrispondenza tra le bottiglie di vino messe in commercio e la denominazione di origine indicata sulla confezione.

Etichette vino no confisca per bottoglie non nocive

Avv. Marco Damoli

Laureato in giurisprudenza presso l’Università degli Studi di Ferrara, dopo aver conseguito l’abilitazione presso la Corte d’Appello di Venezia, è iscritto all’Albo degli Avvocati di Verona. È esperto di diritto civile e diritto commerciale.

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Gli obblighi di tenuta dei registri dei prodotti vitivinicoli sono funzionali a garantire la totale ed integrale autenticità delle operazioni di vinificazione finanziate a livello comunitario.

Ove il beneficiario, in violazione dei predetti obblighi, ometta di annotare la marcatura dei contenitori utilizzati per le operazioni di arricchimento del vino e, quindi, esponga dati e notizie oggettivamente falsi, è tenuto alla restituzione dell’aiuto ricevuto a norma dell’art. 2 della l. n. 898 del 1986.

Il fatto

Un associazione tra produttori ha percepito aiuti comunitari per l’arricchimento del vino e del mosto nella campagna viticola 1994/95.

L’Agenzia per le Erogazioni in Agricoltura ha citato in giudizio l’azienda agricola per ottenere la restituzione delle somme indebitamente trattenute da quest’ultima, in quanto la stessa ha commesso irregolarità nelle operazioni di arricchimento del vino, non annotando la marcatura delle vasche nell’apposito registro.

Il Tribunale di Roma non ha accolto la domanda.

La Corte d’Appello di Roma, invece, ha condiviso le ragioni dell’Agenzia.

La società ha, quindi, promosso ricorso per cassazione.

La pronuncia

Con la sentenza n. 18701, pubblicata il 22 settembre 2015, la Suprema Corte di Cassazione ha definitivamente condannato l’associazione tra produttori a restituire gli aiuti comunitari percepiti.

L’accertata mancanza della marcatura delle vasche di arricchimento di vino e mosti costituisce un adempimento necessario a garantire, anche in virtù della successiva commercializzazione, la totale ed integrale autenticità delle operazioni di verificazione, finanziate a livello europeo.

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Avv. Mattia Verza

Laureato in giurisprudenza presso l’Università degli Studi di Verona, dopo aver conseguito l’abilitazione presso la Corte d’Appello di Venezia, è iscritto all’Albo degli Avvocati di Verona. È esperto di diritto civile e diritto commerciale.