Articoli

Nell’ipotesi in cui un motociclista collida con un cassonetto posto al margine della carreggiata ma sporgente sulla propria corsia di marcia, egli potrà richiedere il risarcimento dei danni, in via solidale, sia all’ente pubblico proprietario della strada, sia alla società appaltatrice del servizio di raccolta dei rifiuti, in quanto proprietaria del cassonetto.

Il fatto

Un motociclista, percorrendo una via del Comune di Nuoro, incrociando un altro veicolo proveniente dal senso opposto di marcia, si è accostato in prossimità del margine destro della carreggiata e ha urtato la spalla ed il braccio destri contro un cassonetto per la raccolta rifiuti ivi posizionato, cadendo rovinosamente a terra.

Detto cassonetto è risultato, poi, privo della prescritta segnaletica orizzontale, in posizione obliqua sulla striscia di margine della carreggiata e sporgente di 40/50 cm sulla corsia di marcia percorsa dal danneggiato.

Quest’ultimo, quindi, ha citato in giudizio sia il Comune, quale proprietario della strada, sia la società concessionaria del servizio di raccolta dei rifiuti solidi urbani, avente la responsabilità diretta e la custodia dei cassonetti per la raccolta dei rifiuti.

Il Tribunale di Nuoro, in primo grado, ha accolto la domanda solo nei confronti della citata società, non avendo ravvisato alcuna responsabilità nei confronti dell’ente pubblico, e l’ha di conseguenza condannata al risarcimento dei danni in favore del motociclista.

La Corte d’Appello di Cagliari, invece, in secondo grado, ha dichiarato che il sinistro è avvenuto per responsabilità concorrente del Comune e della società addetta alla raccolta dei rifiuti e che all’evento ha concorso pure il motociclista, in misura pari al 50%.

La Pubblica Amministrazione ha, allora, promosso ricorso per cassazione, ritenendo di non avere alcuna responsabilità in quanto il danno non sarebbe stato provocato dalla strada, bensì dal cassonetto dei rifiuti, la cui custodia non sarebbe di propria competenza.

La pronuncia

La Suprema Corte di Cassazione, con la sentenza n. 15860, depositata il 3 giugno 2019, ha rigettato il ricorso perché infondato.

Ha precisato come, nel caso in esame, sussistesse la corresponsabilità, al 50%, tra il motociclista, da un lato, e il Comune e la società appaltatrice del servizio di raccolta dei rifiuti solidi urbani, dall’altro.

Tale situazione, infine, configura una responsabilità ex art. 2051 c.c. e non ex art. 2043 c.c..

Cass_15860_2019

Avv. Mattia Verza

Laureato in giurisprudenza presso l’Università degli Studi di Verona, dopo aver conseguito l’abilitazione presso la Corte d’Appello di Venezia, è iscritto all’Albo degli Avvocati di Verona. È esperto di diritto civile e commerciale, con particolare riferimento al settore real estate.

Qualora il decreto prefettizio preveda l’installazione di un autovelox lungo solo un senso di marcia, il verbale di violazione del codice della strada emesso a seguito di un accertamento effettuato mediante la rilevazione di un dispositivo posizionato sul contrapposto senso di marcia è illegittimo, difettando di uno specifico provvedimento autorizzativo.

Il fatto

Un cittadino ha ricevuto una sanzione amministrativa per aver superato i limiti di velocità.

Egli ha, però, proposto opposizione verbale di accertamento di violazione del Codice della Strada perché l’autovelox che ha rilevato la sua infrazione si trovava sul lato destro della carreggiata, anziché sul lato sinistro, come previsto dal decreto prefettizio di autorizzazione.

Dapprima, il Giudice di Pace e , in grado d’appello, il Tribunale di Isernia hanno accolto il ricorso del conducente.

La Pubblica Amministrazione accertante la violazione, allora, ha promosso ricorso per cassazione.

La pronuncia

La Suprema Corte di Cassazione ha ritenuto il motivo infondato e ha, dunque, rigettato il ricorso.

Se, da un lato, è vero che il prefetto non ha l’obbligo, nell’individuare le strade dove posizionare i velox, di precisare il senso di marcia interessato dalla rilevazione, dall’altro lato, qualora invece lo specifichi, saranno legittimi solo i rilevamenti effettuati mediante i dispositivi posizionati in conformità al provvedimento autorizzativo.

Nel caso concreto, dunque, il verbale è stato correttamente annullato.

Cass_12309_2019

Avv. Mattia Verza

Laureato in giurisprudenza presso l’Università degli Studi di Verona, dopo aver conseguito l’abilitazione presso la Corte d’Appello di Venezia, è iscritto all’Albo degli Avvocati di Verona. È esperto di diritto civile e diritto commerciale.