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La Seconda sezione civile, della Suprema Corte di Cassazione, con sentenza n. 8277/2019, depositata in data 25 marzo 2019, ha cassato la sentenza della Corte territoriale precisando che deve verificare la soglia di tollerabilità delle immissioni di alcuni pali dell’alta tensione installati, da parte di una Società, nella parte retrostante di due appartamenti in condominio. 

Il fatto

I proprietari degli appartamenti in condominio hanno sostenuto che durante una notte, degli operai di una Società confinante con il rispettivo fabbricato, hanno installato dei pali dell’alta tensione.

A detta dei proprietari, tali installazioni abusive, emettevano radiazioni lesive per la salute, chiedendo la condanna alla rimozione e al risarcimento danni.

Il Tribunale prima e la Corte d’appello poi, hanno accolto le domande dei ricorrenti condannando la Società. 

La pronuncia 

I giudici dell’appello, hanno applicato il principio di precauzione sostenendo che, anche se non vi sono prove che statuiscono il nesso di causalità, il danno alla salute si reputa presunto anche se la scienza medica non ha riscontrato effetti negativi con l’esposizione dell’uomo ai campi elettromagnetici.

In conclusione, la Corte di Cassazione ha cassato la sentenza a diversa composizione della Corte d’appello, non avvallando la decisione dei giudici del secondo grado.

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Avv. Marco Damoli

Laureato in giurisprudenza presso l’Università degli Studi di Ferrara, dopo aver conseguito l’abilitazione presso la Corte d’Appello di Venezia, è iscritto all’Albo degli Avvocati di Verona. È esperto di diritto civile e diritto commerciale.

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La Corte d’appello di Palermo, con la sentenza n. 1331/2017, depositata in data 08 luglio 2017, ha rigettato quanto statuito dal Tribunale, affermando che non risulta equivoco, l’inserimento in etichetta, che il vino viene prodotto con l’esclusione di sostanze chimiche.

Il fatto

Una Azienda Agricola ha inserito nelle etichette delle proprie bottiglie la dicitura: “il vino viene prodotto con l’esclusione di sostanze chimiche di sintesi nella coltivazione delle uve” e di adottare “metodi particolari per rispettare al massimo la genuinità”.

Tali definizioni sono state ritenute inidonee ed equivoche nei confronti dei consumatori/lettori, poichè potrebbero ingenerare la possibilità di ritenere tali vini come biologici.

L’azienda agricola si è opposta alle sanzioni irrogate ai sensi dell’art. 1 comma 8 del D.Lgs. n. 260 del 2000, in relazione alle norme contenute nel regolamento CE 1493/1999, disposte dal Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali.

Inoltre, ha chiesto anche l’annullamento delle ordinanze-ingiunzione che hanno disposto la confisca di n. 2640 bottiglie di una tipologia di vino, e di altro tipo di vino con n. di bottiglie pari a 26.040, e con relativo pagamento di somme di denaro.

La pronuncia 

La Corte di appello di Palermo ha affermato che tale descrizione non può ritenersi sufficiente a far insorgere dubbi nel consumatore circa la qualità biologica del prodotto, ma, semmai, tende a mettere in evidenza le competenze enologiche e di viticultura dell’azienda agricola.

Per tale motivo, la Corte, in riforma della sentenza del Tribunale di Agrigento, ha condannato il Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali  ed ha annullato le ordinanze di ingiunzione, ordinando la restituzione delle bottiglie di vino con esse confiscate e al pagamento delle spese processuali.

Vino biologico etichetta non qualifica tale vino

 

Avv. Marco Damoli

Laureato in giurisprudenza presso l’Università degli Studi di Ferrara, dopo aver conseguito l’abilitazione presso la Corte d’Appello di Venezia, è iscritto all’Albo degli Avvocati di Verona. È esperto di diritto civile e diritto commerciale.

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