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L’imprudenza ed il comportamento non conforme a diligenza di un pedone comporta l’attribuzione di un concorso di colpa in capo al medesimo nella causazione di un sinistro e, di conseguenza, una diminuzione del risarcimento allo stesso spettante.

Il fatto

Nel febbraio 2012, un signore ha attraversato una strada, posta all’interno di un centro abitato, a doppio senso di marcia, al di fuori delle strisce pedonali.

In quell’istante, è sopraggiunto un furgoncino che, accidentalmente, ha urtato il passante.

Quest’ultimo, caduto a terra, è stato immediatamente soccorso dall’automobilista e trasportato nel più vicino nosocomio.

Dopo alcune settimane, l’uomo è morto per complicanze cliniche.

Il guidatore del furgoncino è stato condannato, dal Tribunale di Monza, a quattro mesi di reclusione per il reato di omicidio colposo ed al risarcimento dei danni nei confronti dei familiari del defunto, tenuto conto tuttavia del concorso di colpa del pedone.

La sentenza è stata confermata dalla Corte d’Appello di Milano.

I parenti della vittima, allora, hanno promosso ricorso per cassazione, perché pur essendo vero che l’attraversamento è avvenuto fuori dalle strisce pedonali, il sinistro è accaduto in prossimità delle stesse. Inoltre, la vittima ha attraversato, rispetto al senso di marcia del veicolo, da sinistra verso destra, favorendo la percezione della sua presenza da parte dell’automobilista.

La pronuncia

La Suprema Corte di Cassazione, con la sentenza n. 23251, depositata il 28 maggio 2019, ha rigettato il ricorso perché infondato.

Nel caso di specie, infatti, è emerso che la persona offesa ha attraversato la strada fuori dalle strisce pedonali e che, prima di essere investita, non ha prestato alcuna attenzione al sopraggiungere di veicoli.

Il comportamento dei pedoni è soggetto alle comuni regole di diligenza e prudenza, per evitare situazioni di pericolo sia per la circolazione stradale, sia per la propria incolumità.

La condotta del pedone, quindi, non conforme a diligenza comporta correttamente l’attribuzione di responsabilità nella causazione del sinistro.

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Avv. Mattia Verza

Laureato in giurisprudenza presso l’Università degli Studi di Verona, dopo aver conseguito l’abilitazione presso la Corte d’Appello di Venezia, è iscritto all’Albo degli Avvocati di Verona. È esperto di diritto civile e commerciale, con particolare riferimento al settore real estate.

Nell’ipotesi in cui un motociclista collida con un cassonetto posto al margine della carreggiata ma sporgente sulla propria corsia di marcia, egli potrà richiedere il risarcimento dei danni, in via solidale, sia all’ente pubblico proprietario della strada, sia alla società appaltatrice del servizio di raccolta dei rifiuti, in quanto proprietaria del cassonetto.

Il fatto

Un motociclista, percorrendo una via del Comune di Nuoro, incrociando un altro veicolo proveniente dal senso opposto di marcia, si è accostato in prossimità del margine destro della carreggiata e ha urtato la spalla ed il braccio destri contro un cassonetto per la raccolta rifiuti ivi posizionato, cadendo rovinosamente a terra.

Detto cassonetto è risultato, poi, privo della prescritta segnaletica orizzontale, in posizione obliqua sulla striscia di margine della carreggiata e sporgente di 40/50 cm sulla corsia di marcia percorsa dal danneggiato.

Quest’ultimo, quindi, ha citato in giudizio sia il Comune, quale proprietario della strada, sia la società concessionaria del servizio di raccolta dei rifiuti solidi urbani, avente la responsabilità diretta e la custodia dei cassonetti per la raccolta dei rifiuti.

Il Tribunale di Nuoro, in primo grado, ha accolto la domanda solo nei confronti della citata società, non avendo ravvisato alcuna responsabilità nei confronti dell’ente pubblico, e l’ha di conseguenza condannata al risarcimento dei danni in favore del motociclista.

La Corte d’Appello di Cagliari, invece, in secondo grado, ha dichiarato che il sinistro è avvenuto per responsabilità concorrente del Comune e della società addetta alla raccolta dei rifiuti e che all’evento ha concorso pure il motociclista, in misura pari al 50%.

La Pubblica Amministrazione ha, allora, promosso ricorso per cassazione, ritenendo di non avere alcuna responsabilità in quanto il danno non sarebbe stato provocato dalla strada, bensì dal cassonetto dei rifiuti, la cui custodia non sarebbe di propria competenza.

La pronuncia

La Suprema Corte di Cassazione, con la sentenza n. 15860, depositata il 3 giugno 2019, ha rigettato il ricorso perché infondato.

Ha precisato come, nel caso in esame, sussistesse la corresponsabilità, al 50%, tra il motociclista, da un lato, e il Comune e la società appaltatrice del servizio di raccolta dei rifiuti solidi urbani, dall’altro.

Tale situazione, infine, configura una responsabilità ex art. 2051 c.c. e non ex art. 2043 c.c..

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Avv. Mattia Verza

Laureato in giurisprudenza presso l’Università degli Studi di Verona, dopo aver conseguito l’abilitazione presso la Corte d’Appello di Venezia, è iscritto all’Albo degli Avvocati di Verona. È esperto di diritto civile e commerciale, con particolare riferimento al settore real estate.

La Cassazione, con ordinanza n. 7618, depositata il 18 marzo 2019, ha affermato che è un abuso parcheggiare, anche per pochi minuti, il proprio motoveicolo nel cortile del condominio per violazione del principio dell’uso della cosa comune.

Il fatto

Due signori, rispettivi proprietari di due appartamenti del medesimo stabile condominiale, sono soliti parcheggiare i propri motoveicoli nel cortile del palazzo e, nello specifico, in prossimità dell’appartamento di un terzo condomino.

Quest’ultimo si è rivolto al Tribunale affinché fosse dichiarata la limitazione dell’accesso nel cortile condominiale dei motoveicoli.

Sia in primo grado che in Corte d’Appello, la domanda è stata accolta perché l’abitudine di due soli condomini ha impedito a tutti gli altri di godere delle parti comuni dell’edificio.

È stata considerata irrilevante, inoltre, la saltuarietà delle soste, in quanto non è stata esclusa la lunga durata delle medesime.

La pronuncia

I giudici della Suprema Corte di Cassazione hanno ritenuto corretta la visione dei giudici di merito.

In particolare, hanno affermato che “la sosta dei mezzi meccanici nel cortile comune ne pregiudica la transitabilità, sì da impedire od ostacolare l’accesso all’unità immobiliare del singolo condomino“.

Con tale inciso, la Corte ha inteso confermare l’avvenuto abuso dell’utilizzo del cortile condominiale, poiché gli altri condomini non hanno potuto godere del libero e pacifico godimento del piazzale.

Di conseguenza, anche l’occupazione per breve tempo del cortile è considerato un abuso, ove non permetta a tutti i condomini di godere del proprio diritto di comproprietà sulla parte comune.

Moto parcheggiate nel cortile

Avv. Marco Damoli

Laureato in giurisprudenza presso l’Università degli Studi di Ferrara, dopo aver conseguito l’abilitazione presso la Corte d’Appello di Venezia, è iscritto all’Albo degli Avvocati di Verona. È esperto di diritto civile e diritto commerciale.

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La Seconda Sezione del Tribunale di Perugia ha depositato, in data 17 dicembre 2018, la sentenza n. 1677, affermando che, in caso di danni cagionati da fauna selvatica, il danneggiato ha l’onere di provare gli elementi del fatto illecito e di individuare il comportamento colposo dell’Ente pubblico.

Il fatto

Un motociclista, nell’imboccare una curva, è stato investito da un capriolo, il quale ha invaso la carreggiata non permettendo alcuna possibilità di sterzata o frenata al soggetto.

I danni allo scooter sono stati quantificati in € 3.175,68 e, il motociclista, ha sostenuto di aver riportato danni per € 100.000,00.

Lo stesso, ha affermato che la responsabilità del danno fosse attribuibile alla Regione, la quale avrebbe dovuto controllare e gestire la fauna selvatica, violando gli obblighi previsti dalla Legge n. 157/2011, per non aver censito, in modo periodico, gli animali selvatici.

La pronuncia

Secondo il Tribunale, il profilo di colpa ascrivibile alla Regione riguardo al censimento degli animali selvatici, risulta assolutamente generica.

Inoltre, lungo la strada percorsa dal motociclista, vi erano cartelli di pericolo per l’attraversamento di animali selvatici con il limite di velocità di 70 km/h.

In conclusione, è stata rigettata la domanda proposta dal soggetto contro la Regione per insussistenza dei presupposti previsti dall’art. 2043 c.c..

Fauna selvatica danno cagionato

Avv. Marco Damoli

Laureato in giurisprudenza presso l’Università degli Studi di Ferrara, dopo aver conseguito l’abilitazione presso la Corte d’Appello di Venezia, è iscritto all’Albo degli Avvocati di Verona. È esperto di diritto civile e diritto commerciale.

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