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In applicazione dell’art. 1757 c.c., se il contratto di locazione è sottoposto a condizione sospensiva, il diritto al compenso del mediatore è subordinato al verificarsi della condizione.

Il fatto

Tra un locatore ed un conduttore si è perfezionato un contratto di locazione di immobile ad uso diverso da quello abitativo, sospensivamente condizionato al rilascio delle necessarie autorizzazioni amministrative per l’esercizio dell’attività di pub.

Alla sottoscrizione del contratto, l’agenzia immobiliare ha incassato, da un lato, una somma a titolo di deposito cauzionale, da consegnare al locatore e, dall’altro lato, una somma a titolo di provvigione.

La condizione non si è realizzata, non essendo state rilasciate le predette autorizzazioni dall’amministrazione competente.

Il conduttore, quindi, ha chiesto giudizialmente all’agenzia la restituzione sia del deposito cauzionale, sia della provvigione.

All’esito della causa, i giudici di merito, sia in primo sia in secondo grado, hanno condannato l’agenzia a riconsegnare l’importo ricevuto a titolo di provvigione, mentre hanno respinto la domanda relativa al deposito cauzionale.

Il conduttore, allora, ha promosso ricorso per cassazione per ottenere il pagamento anche di quest’ultima somma, ritenendo che, essendo il contratto sottoposto a condizione sospensiva, l’agenzia avrebbe dovuto trattenere l’assegno consegnatole a titolo di deposito – e quindi non consegnarlo al locatore – fino all’avverarsi della condizione.

La pronuncia

Con l’ordinanza n. 20192, pubblicata il 25 luglio 2019, la Suprema Corte di Cassazione ha ritenuto infondato il ricorso.

L’agenzia non ha alcun obbligo di restituzione del deposito cauzionale verso i convenuti perché, essendosi comunque perfezionato il contratto di locazione, seppur condizionato, la stessa non ha avrebbe avuto alcun obbligo di trattenere presso di sé il deposito cauzionale.

Pertanto, la richiesta di pagamento avrebbe dovuto essere proposta nei confronti del locatore.

Correttamente, invece, è stato deciso in merito alla provvigione spettante all’agenzia, in applicazione dell’art. 1757 c.c..

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Avv. Mattia Verza

Laureato in giurisprudenza presso l’Università degli Studi di Verona, dopo aver conseguito l’abilitazione presso la Corte d’Appello di Venezia, è iscritto all’Albo degli Avvocati di Verona. È esperto di diritto civile e commerciale, con particolare riferimento al settore real estate.

I gravi motivi, previsti dalla legge per recedere in qualsiasi momento da un contratto di locazione di immobili adibiti ad uso commerciale, devono essere fatti estranei alla volontà del conduttore e devono essere imprevedibili e sopravvenuti alla costituzione del rapporto, tali da rendergli eccessivamente gravosa la sua prosecuzione.

Il fatto

Un’impresa in crisi finanziaria ha rinegoziato con il proprietario dei propri locali commerciali le condizioni economiche del contratto di locazione.

Non riuscendo, però, a risanare la situazione di indebitamento, ha comunicato al locatore il recesso anticipato dal contratto di locazione, con un preavviso di sei mesi.

Quest’ultimo, per contro, ha chiesto ed ottenuto dal Tribunale di Padova un decreto con il quale è stato ingiunto all’impresa il pagamento dei canoni scaduti relativi al periodo successivo alla liberazione dell’immobile da parte del conduttore.

L’azienda si è opposta a detto provvedimento, chiedendo l’accertamento della legittimità del recesso anticipato dal contratto di locazione, stante la sussistenza dei gravi motivi previsti dall’art. 27 della L. 392/1978.

I giudici di merito, sia in primo grado sia in appello, hanno rigettato le richieste del conduttore.

L’impresa ha quindi promosso ricorso per cassazione.

La pronuncia

Gli Ermellini, con la sentenza n. 5803, pubblicata il 28 febbraio 2019, hanno accolto i motivi dell’azienda e, quindi, hanno dichiarato che nulla è dovuto al proprietario dei locali.

Secondo l’orientamento consolidato nella giurisprudenza di legittimità, “i comportamenti determinati da fatti estranei alla volontà dell’impresa, imprevedibili alla costituzione del rapporto e sopravvenuti ad esso, pur essendo volontari in quanto volti a perseguire un adeguamento strutturale dell’azienda, possono integrare i gravi motivi posti a base del recesso anticipato“.

Al fine di valutare lo stato di crisi finanziaria, inoltre, qualora il locatore svolga la propria attività in diversi rami d’azienda, per i quali utilizzi distinti immobili, i gravi motivi devono essere accertati in relazione all’attività svolta nei locali per cui è richiesto il recesso. Il locatore è legittimato, per contro, ad opporre i risultati positivi registrati negli altri rami aziendali.

Cass_5803_2019

Avv. Mattia Verza

Laureato in giurisprudenza presso l’Università degli Studi di Verona, dopo aver conseguito l’abilitazione presso la Corte d’Appello di Venezia, è iscritto all’Albo degli Avvocati di Verona. È esperto di diritto civile e diritto commerciale.