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La Sezione Sesta, della Suprema Corte di Cassazione, con sentenza n. 9937/2019, depositata in data 09 aprile 2019, ha deciso che, gli sposi che hanno sottoscritto un contratto di banqueting con il proprietario di una villa per il loro matrimonio e decidono di cambiare la location, devono risarcire il proprietario.

Il fatto

Il Tribunale ha dato ragione al proprietario del ristorante dedicato alla celebrazione dei matrimoni, il quale nel contratto di banqueting ha inserito una clausula in caso di recesso da parte degli sposi.

Tale clausula prevedeva il pagamento di una penale nel caso in cui gli sposi avrebbero deciso di cambiare location.

Di tale avviso è stata anche la Corte territoriole, che ha escluso la riconducibilità della clausula nell’alveo delle vessatorie, precisando che, il consenso, è derivato da una contrattazione tra le parti.

La pronuncia 

La Cassazione ha respinto il ricorso promosso dagli sposi, precisando che non vi è alcuna vessatorietà nella clausula prevista dal contratto.

Specifica che è: «una consensuale previsione di una specifica facoltà assicurata al cliente dietro pagamento di un corrispettivo, variamente determinato in funzione dell’epoca dell’eventuale recesso».

In conclusione, tale pattuizione è derivata dalla volontà di entrambe le parti al momento della conclusione del contratto.

Contratto di banqueting sposi devono risarcire

Avv. Marco Damoli

Laureato in giurisprudenza presso l’Università degli Studi di Ferrara, dopo aver conseguito l’abilitazione presso la Corte d’Appello di Venezia, è iscritto all’Albo degli Avvocati di Verona. È esperto di diritto civile e diritto commerciale.

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La Suprema Corte di Cassazione, con sentenza n. 4889/2019, depositata in data 19 febbraio 2019, ha statuito che la giurisdizione in materia di acquisto di immobile abusivo spetta al Giudice Ordinario e non al Giudice Amministrativo.

Il fatto

Un privato ha chiesto il risarcimento danno, ex art. 2043 c.c., al Comune, poiché ha sostenuto che non ha posto in essere la diligenza di vigilare sul rispetto delle prescrizioni urbanistiche nella costruzione di un fabbricato da parte di una Società.

Il ricorrente ha acquistato l’immobile riponendo fiducia nel Comune, con la consapevolezza che lo stesso avesse visionato e controllato la conformità alla legge e alla disciplina urbanistica.

Solo in un secondo momento, il cittadino, ha scoperto che vi erano molteplici irregolarità edilizie ed urbanistiche rendendolo, in parte, abusivo.

Il Giudice del Tribunale, nel giudizio instaurato con la Società, chiamata in giudizio, e il Comune, ha ritenuto che la controversia dovesse essere devoluta al Giudice Amministrativo, poiché collegata all’attività della P.A., quindi, è stato proposto il regolamento preventivo di giurisdizione chiedendo l’autorizzazione del Giudice Ordinario.

Il Comune ha resistito, al contrario della Società che non ha svolto difese.

La pronuncia

La decisione è stata disposta affermando che il problema non riguarda la legittimità dei titoli abitativi relativi alla costruzione della Società, ma riguarda esclusivamente la situazione di diritto soggettivo, ossia l’integrità del patrimonio leso, presuntivamente, dal ricorrente.

Per tale motivo, la decisione è stata fondata sulla non risarcibilità del danno, poiché non riguarda un diritto soggettivo relativo alle materie di esclusiva competenza del Giudice amministrativo.
Di talché, la giurisdizione è del Giudice ordinario.

Avv. Marco Damoli

Laureato in giurisprudenza presso l’Università degli Studi di Ferrara, dopo aver conseguito l’abilitazione presso la Corte d’Appello di Venezia, è iscritto all’Albo degli Avvocati di Verona. È esperto di diritto civile e diritto commerciale.

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La domanda di risarcimento dei danni conseguenti ad affermazioni offensive contenute in scritti difensivi e rivolte nei confronti del giudice che sta trattando la causa deve essere proposta in separato giudizio, ai sensi dell’art. 89 c.p.c..

Il fatto

Nel corso di una causa trattata davanti all’Ufficio del Giudice di Pace di Apricena, la società convenuta ha inserito in un atto giudiziario una serie di considerazioni lesive del prestigio professionale e dell’onore del giudicante, oltre ad aver presentato otto istanze di ricusazione nei suoi confronti, tutte rigettate.

Il Giudice di Pace, allora, ha citato in giudizio questa società per ottenere il risarcimento dei danni non patrimoniali patiti, essendo integrati i presupposti per i reati di ingiuria e diffamazione.

Sia il Tribunale di Lucera, in primo grado, sia la Corte d’Appello di Bari, in secondo, tuttavia, hanno rigettato la domanda per due motivi.

In primo luogo, perché la richiesta avrebbe dovuto essere formulata nei confronti del legale della società, essendo egli l’autore degli atti giudiziari.

In secondo luogo, perché, ai sensi dell’art. 89 c.p.c., la domanda risarcitoria avente ad oggetto frasi offensive contenute negli scritti difensivi presentati davanti all’autorità giudiziaria avrebbe dovuto essere sanzionata nell’ambito dello stesso giudizio.

Il soccombente ha quindi promosso ricorso per cassazione.

La pronuncia

Con la sentenza n. 4733, pubblicata il 19 febbraio 2019, la Suprema Corte ha accolto i motivi del Giudice di Pace, perché fondati.

Da un lato, in quanto, essendo le offese rivolte nei confronti del giudice e non nei confronti dell’altra parte processuale o dell’altro difensore, non è applicabile l’art. 89 c.p.c..

Dall’altro lato, in quanto, in conformità alla consolidata giurisprudenza di legittimità, “il destinatario della domanda (…) è sempre e solo la parte, la quale – se condannata – potrà rivalersi nei confronti del difensore, cui siano addebitabili le espressioni offensive, ove ne ricorrano le condizioni“.

Il giudice ha dunque correttamente proposto la domanda risarcitoria e ha ricevuto il risarcimento dei danni non patrimoniali patiti.

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Avv. Mattia Verza

Laureato in giurisprudenza presso l’Università degli Studi di Verona, dopo aver conseguito l’abilitazione presso la Corte d’Appello di Venezia, è iscritto all’Albo degli Avvocati di Verona. È esperto di diritto civile e diritto commerciale.

Con la sentenza n. 4147/2019, depositata in Cancelleria il 13 febbraio 2019, la Corte Suprema di Cassazione ha affermato che il terzo trasportato, in caso di danno, deve essere sempre risarcito dalla compagnia assicuratrice del veicolo, a prescindere dalla responsabilità dei conducenti.    

Il fatto

A seguito di uno scontro tra due veicoli, sono deceduti il conducente di un mezzo e un passeggero, mentre gli altri soggetti hanno riportato solo lesioni.

Una delle compagnie assicuratrici, per far accertare le responsabilità, conveniva in giudizio i danneggiati per richiedere che venisse liquidato il danno entro il massimale in favore dei danneggiati.

I parenti del soggetto deceduto hanno proposto domanda di risarcimento danni nei confronti della assicurazione; inoltre, anche i familiari del passeggero deceduto, citarono in giudizio la propria compagnia assicuratrice.

La pronuncia

Il motivo di ricorso è stato sottoposto alla attenzione della Corte di Cassazione, cercando di inserire la figura del passeggero, come beneficiario di polizza, e quindi, se può agire, ex art. 141 codice delle assicurazioni private, indipendentemente dalla responsabilità del sinistro stradale.

L’assicurazione deve coprire anche i danni al passeggero, nonostante il rapporto che intercorre tra il conducente e lo stesso trasportato, che sorgono da un eventuale incidente stradale.

Il terzo, quindi, può agire nei confronti della compagnia assicuratrice del conducente del veicolo, per avanzare formale richiesta di risarcimento in caso di danni alla sua persona.

La Suprema Corte, per tale presupposto, accoglie il ricorso, dato che la decisione in appello è stata considerata erronea, poichè, il Giudice, non avrebbe dovuto condannare il ricorrente principale a risarcire i trasportati sopravvissuti.

Allo stesso modo, il Giudice di appello, quando ha riformato la sentenza di primo grado, non avrebbe dovuto riconoscere il risarcimento ai familiari del trasportato deceduto, poichè era stata riconosciuta la mancanza di responsabilità nel sinistro stradale.

Studio Legale Damoli

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