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Seppur in accoglimento del lamentato vizio di motivazione, i Giudici della Corte di Cassazione, con sentenza n. 5803 del 28 febbraio scorso, concludono per la legittimità del recesso anticipato comunicato dalla società conduttrice dell’immobile commerciale ex art. 27, u.c., L. n. 392/1978 motivato dallo stato di crisi.

Il fatto

La società Alfa aveva concesso in affitto alla società Beta un immobile adibito ad ufficio il cui canone, a distanza di qualche tempo, si era rivelato troppo oneroso per Beta che stava attraversando un periodo di difficoltà.

Alla luce di tale situazione e dopo aver già ottenuto una riduzione del canone, Beta decideva di comunicare ad Alfa il recesso dal contratto per gravi motivi, allegando diverse circostanze quali la contrazione del fatturato, la presenza di perdite consistenti, l’esistenza di esuberi e l’avvio della contrattazione di solidarietà. Una volta concluso il periodo di preavviso, indicato dalla legge in sei mesi dalla comunicazione di recesso, la società Beta interrompeva quindi il pagamento del canone ritenendo risolto il contratto.

La società Alfa, reputando illegittimo il recesso comunicato da Beta, richiedeva ed otteneva dal Tribunale di Padova un decreto ingiuntivo nei confronti della società conduttrice per il pagamento dei canoni maturati successivamente al preavviso di recesso.

Beta proponeva quindi opposizione al decreto chiedendo la revoca del medesimo ed, in via riconvenzionale, l’accertamento della legittimità del recesso per gravi motivi, per altro mai contestati dalla società locatrice.

Il Tribunale in primo grado rigettava l’opposizione e confermava il decreto ingiuntivo.

La Corte d’Appello adita da Beta, pur dando atto dello stato di crisi, sottolineava che la situazione di Beta non era a lei sconosciuta né poteva ritenersi imprevedibile. Anzi, sulla base della crisi aveva già richiesto ed ottenuto una diminuzione del canone. Pertanto la Corte, confermando la sentenza di primo grado, rigettava il gravame ritenendo il recesso di Beta illegittimo.

La pronuncia

La società Beta ha quindi proposto ricorso per Cassazione contro la sentenza della Corte d’Appello denunciando un vizio di motivazione. I Giudici del gravame, infatti, dopo aver premesso l’esistenza dello stato di crisi in cui versava la conduttrice, hanno concluso illogicamente per l’inesistenza dei gravi motivi a sostegno del comunicato recesso.

La Corte di Cassazione, in accoglimento del motivo esposto, ha affermato che “in tema di recesso del conduttore dal contratto di locazione, i gravi motivi di cui alla L. n. 392 del 1978, art. 27, comma 8, devono essere determinati da fatti estranei alla volontà del medesimo, imprevedibili e sopravvenuti alla costituzione del rapporto e tali da rendergli oltremodo gravosa la sua prosecuzione”. In tale prospettiva vanno valutate le scelte compiute dall’impresa per far fronte “a sopravvenute esigenze di economicità e produttività”. Secondo la Corte di Cassazione, inoltre, “ove il locatario svolga la propria attività in diversi rami di azienda, per i quali utilizzi distinti immobili, i gravi motivi, giustificativi del recesso anticipato (…) devono essere accertati in relazione all’attività svolta nei locali per cui viene effettuato il recesso, senza possibilità per il locatore di negare rilevanza alle difficoltà riscontrate per tale attività in considerazione dei risultati positivi registrati in altri rami azienda.

Cass. Civ. sentenza n. 5803-2019

Avv. Alessandro Martini

Si laurea presso la Facoltà di Giurisprudenza di Trento nel novembre del 2011 con una tesi in diritto tributario sulla fiscalità dei nuovi strumenti finanziari partecipativi. Ad ottobre 2012 consegue un master di secondo livello presso l’Alta scuola di studi tributari A. Berliri di Bologna e si iscrive presso l’Ordine degli Avvocati di Trento nel 2017.

Con un’articolata ordinanza n. 8760, la Suprema Corte di Cassazione in data 29 marzo 2019 si è espressa sull’inadempimento da parte dell’affittuario il quale, a seguito dell’impossibilità di utilizzare parte degli spazi aziendali affittati, rifiutava il pagamento del canone.

Il fatto

La società Alfa aveva concesso in affitto alla società Beta un complesso aziendale in Sardegna composto da un ristorante, bar e pizzeria, con annessa piscina e lido balneare.

Poco dopo la sottoscrizione del contratto, la società Alfa conveniva avanti al Tribunale di Tempio Pausania la società Beta per far accertare la risoluzione di diritto del contratto poiché quest’ultima non aveva pagato il canone di affitto.

Beta si costituiva in giudizio eccependo che, a seguito di un sopralluogo, i Vigili del Fuoco avevano dichiarato inagibile la struttura esterna destinata ad ospitare la discoteca e, pertanto, il mancato pagamento del canone era giustificato dall’impossibilità di utilizzare tali spazi, con conseguente danno emergente di cui Beta chiedeva il risarcimento in via riconvenzionale.

Sia il Tribunale di Tempio Pausania che la Sezione di Sassari della Corte d’Appello di Cagliari, rigettavano la domanda formulata da Alfa poiché la condotta di Beta era da ritenersi legittima a fronte dell’inadempimento della società affittante, consistente nell’aver concesso in affitto spazi non idonei all’uso previsto.

La pronuncia

La società Alfa ha quindi proposto ricorso per Cassazione in accoglimento del quale la Suprema Corte ha affermato la falsa applicazione da parte della Corte di Appello dell’art. 1460 c.c.. Tale articolo disciplina la cd. eccezione di inadempimento che, in estrema sintesi, consente a ciascun contraente di non adempiere l’obbligazione quando l’altro contraente non adempie la propria, salvo che il mancato adempimento sia contrario al principio di buona fede.

La Corte di Appello ha quindi errato nel ritenere legittimo il comportamento di Beta poiché l’inadempimento di quest’ultima era stato totale a fronte, invece, di un parziale ed economicamente poco significativo inadempimento di Alfa. Tale sproporzione tra le prestazioni ha alterato in modo significativo l’equilibrio contrattuale con conseguente violazione del principio di buona fede, qui inteso in senso oggettivo.

La Corte di Cassazione, inoltre, ha affermato che il rifiuto di pagare il canone doveva essere valutato con riferimento alla possibilità per Beta di esercitare l’attività di impresa dedotta nel contratto di affitto, che non le era preclusa dall’inagibilità della discoteca, poiché la disponibilità dei locali da parte della società affittante è prestazione corollaria “ma non è essa lo scopo essenziale del contratto” di affitto di azienda.

Ordinanza n. 8760 dd. 29.03.2019

Avv. Alessandro Martini

Si laurea presso la Facoltà di Giurisprudenza di Trento nel novembre del 2011 con una tesi in diritto tributario sulla fiscalità dei nuovi strumenti finanziari partecipativi. Ad ottobre 2012 consegue un master di secondo livello presso l’Alta scuola di studi tributari A. Berliri di Bologna e si iscrive presso l’Ordine degli Avvocati di Trento nel 2017.

In tema di locazione di immobili urbani ad uso non abitativo, solo la rinnovazione tacita del contratto alla prima scadenza, per il mancato esercizio da parte del locatore della facoltà di diniego di rinnovazione, è un effetto automatico derivante dalla legge e, pertanto, in caso di pignoramento immobiliare, non necessita dell’autorizzazione del giudice dell’esecuzione.

Il fatto

Tre comproprietari di un appartamento, da un lato, e un conduttore, dall’altro, hanno stipulato un contratto di locazione, con previsione di rinnovo quadriennale automatico in assenza di tempestiva disdetta.

Le quote di proprietà di due locatori sono state sottoposte a pignoramento immobiliare.

L’altro comproprietario, allora, ha agito in giudizio per far rilevare l’avvenuta automatica cessazione del rapporto per la successiva scadenza, non essendo intervenuta l’autorizzazione del giudice dell’esecuzione per la rinnovazione della locazione.

La Corte d’Appello meneghina, in riforma della sentenza di primo grado, ha però rigettato la domanda, essendo necessario il consenso di tutti i comproprietari per la disdetta dal contratto di locazione.

L’attore ha, quindi, promosso ricorso per cassazione, ritenendo che gli altri proprietari, siccome titolari di quote pignorate, e in mancanza di autorizzazione del giudice, non possedessero alcuna legittimazione all’esercizio dei diritti connessi al titolo dominicale.

La pronuncia

Con la sentenza n. 19522, pubblicata il 19 luglio 2019, la Suprema Corte di Cassazione ha accolto le ragioni del ricorrente.

La giurisprudenza, infatti, ritiene che la rinnovazione tacita del contratto alla seconda scadenza contrattuale, a seguito del mancato esercizio da parte del locatore della facoltà di disdetta, costituisce una libera manifestazione di volontà negoziale.

Da ciò consegue che, in caso di pignoramento dell’immobile locato eseguito in data antecedente la scadenza del termine per l’esercizio di detta facoltà, la rinnovazione necessita dell’autorizzazione del giudice dell’esecuzione.

In mancanza, come nel caso di specie, si determina l’automatica cessazione dell’efficacia del contratto.

Cass_19522_2019

Avv. Mattia Verza

Laureato in giurisprudenza presso l’Università degli Studi di Verona, dopo aver conseguito l’abilitazione presso la Corte d’Appello di Venezia, è iscritto all’Albo degli Avvocati di Verona. È esperto di diritto civile e commerciale, con particolare riferimento al settore real estate.

Con l’ordinanza n. 5794, pubblicata il 28 febbraio 2019, la Corte di Cassazione ha delineato la nullità del contratto di locazione stipulato verbalmente e ha riconosciuto il diritto dell’inquilino ad ottenere la restituzione delle somme indebitamente versate al proprietario di casa.

Il fatto

Il proprietario di un appartamento lo ha affittato per il periodo dal marzo 2011 all’agosto 2012 al canone di 900 euro mensili, senza tuttavia registrare alcun contratto.

Nel marzo 2012, tuttavia, su richiesta dell’inquilino, il locatore ha registrato un contratto di locazione nel quale è previsto un canone inferiore a quello effettivamente corrisposto, pari a 400 euro mensili.

Il conduttore, allora, lo ha convenuto in giudizio chiedendo la restituzione delle somme indebitamente pagate, corrispondenti ad euro 500 mensili per tutta la durata del contratto.

Sia il Tribunale di Lucca, in primo grado, sia la Corte d’Appello di Firenze, in secondo, hanno però rigettato la domanda. Secondo i giudici del merito, il contratto di locazione intercorso tra le parti non è ascrivibile alla categoria “contratti non registrati nel termine stabilito dalla legge”, essendovi prova che il contratto del marzo 2012 è stato registrato subito dopo la stipulazione.

L’inquilino ha promosso ricorso per cassazione in quanto il contratto stipulato prima del marzo 2012 sarebbe nullo per mancanza di forma scritta.

La pronuncia

La Cassazione ha accolto il ricorso ritenendolo fondato.

Come noto, la sentenza delle Sezioni Unite n. 18214/2015 ha affermato che i contratti di locazione ad uso abitativo stipulati senza la forma scritta sono affetti da nullità assoluta, rilevabile da entrambe le parti e d’ufficio, eccezion fatta per l’ipotesi in cui la forma verbale sia abusivamente imposta dal locatore, nel qual caso la nullità (cd. di protezione) è rilevabile dal solo conduttore.

Nel caso, dunque, di contratto a forma verbale liberamente concordata tra locatore e conduttore trovano applicazione i principi generali in tema di nullità.

Di conseguenza, se da un lato il locatore può agire in giudizio per il rilascio dell’immobile occupato senza alcun titolo, dall’altro il conduttore può ottenere la parziale restituzione delle somme versate a titolo di canone in misura eccedente a quanto concordato.

Nella fattispecie concreta, i giudici di merito hanno erroneamente escluso la ripetizione di quanto pagato in più dal conduttore, facendo riferimento a quanto concordato tra le parti anziché al canone concordato dalle associazioni di categoria.

 Cass_5794_2019

Avv. Mattia Verza

Laureato in giurisprudenza presso l’Università degli Studi di Verona, dopo aver conseguito l’abilitazione presso la Corte d’Appello di Venezia, è iscritto all’Albo degli Avvocati di Verona. È esperto di diritto civile e diritto commerciale.