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PROCURA ALLE LITI

La procura alle liti, secondo una Cassazione del 2022, abilita l’Avvocato a scegliere la condotta processuale da lui ritenuta più idonea agli interessi del proprio assistito, ma non gli conferisce il potere di compiere atti che siano necessari per il diritto in contesa, per i quali occorre un mandato speciale.

In particolare, la rinuncia all’azione o alla pretesa azionata dall’attore nei confronti del convenuto, costituiscono atti di disposizione del diritto in contesa e richiedono in capo al procuratore un mandato preciso e puntale. 

Qualora la rinuncia appaia come facoltà della parte di modificare, ai sensi dell’articolo 184 del c.p.c., le domande e le conclusioni precedentemente formulate, rientra fra i poteri del difensore la possibilità di esercitare la discrezionalità tecnica nell’impostazione della contenzioso e che lo abilita a scegliere, in relazione anche agli sviluppi della controversia, la condotta processuale più opportuna agli interessi del proprio mandante, distinguendosi così sia dalla rinunzia agli atti del giudizio, che può essere fatta esclusivamente personalmente dalla parte o da un suo procuratore speciale ai sensi dell’art. 306 del c.p.c.,
e non produce effetto senza l’accettazione della controparte, sia dalla disposizione negoziale del diritto in contesa, che comporta un esercizio di un potere sostanziale spettante alla parte personalmente o al suo procuratore speciale, poiché diretto a determinare la perdita o la riduzione del diritto stesso.

 

 

 

 

Amministratore di sostegno e decesso del tutelato:

L’Amministratore di sostegno, qualora venga autorizzato dal Giudice Tutelare, può provvedere al pagamento di debiti e spese funerarie del deceduto anche prima della successione.

Pertanto ha la facoltà di non prendere in considerazione il blocco dei conti correnti imposto dalla Banca al momento del decesso.

L’Agenzia delle Entrate, in risposta ad un interpello del marzo 2022, si è espressa in merito alla richiesta, da parte di una Banca, di come comportarsi riguardo al pagamento delle spese, post mortem, che l’AdS sottopone all’Istituto di credito.

L’Istante fa presente che, qualora rifiutasse di ottemperare ai provvedimenti del Giudice Tutelare, incapperebbe nella violazione dell’art. 388 c.p. configurando un comportamento penalmente rilevante con conseguenze sia sotto il profilo del TUS sia di natura fiscale.

In definitiva, l’Agenzia delle Entrate si è espressa specificando che qualora vi siano dei provvedimenti emessi dall’Autorità giudiziaria, su richiesta dell’AdS, l’Istituto bancario deve provvedere al pagamento delle spese documentate non incorrendo, così, in violazioni punibili.

 

 

 

Il compratore, che abbia subito un danno a causa dei vizi della cosa, può rinunciare a proporre l’azione per la risoluzione del contratto o per la riduzione del prezzo e esercitare la sola azione di risarcimento del danno dipendente dall’inadempimento del venditore.

Devono, comunque, ricorrere tutti i presupposti dell’azione di garanzia e, quindi, siano dimostrate la sussistenza e la rilevanza dei vizi.

Inoltre, devono essere osservati i temrini di decadenza e di prescrizione ed, in generre, tutte le condizioni stabilite per l’esercizio di tale azione.

Sentenza febbraio 2022

 

 

La pronuncia

La Corte di Cassazione, Sezione II Civile, con recentissima sentenza, ha affermato che in tema di sanzioni amministrative, la morte dell’autore della violazione determina non solo l’intrasmissibilità ai suoi eredi dell’obbligazione di pagare la somma per la sanzione ex art. 7 L. n. 689/1981, ma l’estinzione dell’obbligazione a carico dell’obbligato solidale.


Pertanto, è stata riconosciuta l’impossibilità per quest’ultimo, ove abbia pagato la sanzione amministrativa, di esercitare nei confronti degli eredi del trasgressore il regresso.

Il Collegio ha affermato che l’identificazione del trasgressore non è un requisito di legittimità dell’ordinanza; l’ingiunzione che viene emessa nei confronti dell’obbligato solidale è necessaria ai fini dell’azione di regresso e quindi ai fini della prova dell’illecito o dei presupposti dell’illecito.

In funzione dell’autonomia della posizione dell’obbligato solidale, rispetto a quella del trasgressore, l’amministrazione conserva quindi la possibilità di agire nei confronti di uno soltanto di detti soggetti, e non inevitabilmente nei confronti di entrambi.

Nel 2017, le Sezioni Unite, hanno ribadito, da un lato, che la morte del trasgressore implica anche l’estinzione dell’obbligazione a carico del responsabile solidale e, dall’altro lato, l’autonomia delle posizioni del trasgressore e dell’obbligato solidale per il pagamento della sanzione amministrativa, precisando che quando l’obbligazione del primo viene meno ai sensi della L. n. 689 del 1981, art. 14, u.c., per mancata tempestiva notificazione del provvedimento sanzionatorio, l’autonoma obbligazione del secondo permane, con l’ulteriore conseguenza che costui, ove abbia pagato la sanzione, conserva l’azione di regresso per l’intero verso l’autore della violazione, il quale non può eccepire, all’interno di tale ultimo rapporto, che è invece di sola rilevanza privatistica, l’estinzione del suo obbligo verso l’Amministrazione.

Nel caso di specie, il Comune ricorrente ha evidenziato che le due ordinanze – ingiunzione impugnate prevedevano espressamente, già dall’inizio, l’archiviazione della procedura della sanzione amministrativa a carico del presunto trasgressore.

L’amministrazione, infatti, aveva riconosciuto l’effettivo “…errore materiale commesso, individuando come ditta esecutrice dei lavori Alfa che in realtà non esiste…” ed aveva quindi archiviato espressamente il verbale”.

 

Avv. Marco Damoli

 

 

La separazione personale, a differenza della cessazione degli effetti civili del matrimonio, presuppone la permanenza del vincolo coniugale.

Pertanto, i redditi su cui va rapportato l’assegno a favore del coniuge sono quelli necessari a mantenere il tenore di vita goduto in costanza di matrimonio, essendo ancora attuale il dovere di assistenza materiale dalla quale deriva solo la sospensione degli obblighi di fedeltà, convivenza e collaborazione, quindi ben diversa dalla solidarietà post-coniugale, presupposto dell’assegno di divorzio.

La Corte di Cassazione, Sezione VI Civile, con recentissima sentenza, ha affermato che la cattiva manutenzione del manto stradale non è causa di risarcimento se l’incidente è avvenuto in fase di rallentamento a pochi metri dal semaforo rosso.

Il fatto

Il caso di specie riguarda un uomo che, alla guida del proprio ciclomotore, è caduto a causa di alcune buche presenti sul manto stradale.

Lo stesso, per comprovare quanto accaduto, ha allegato delle foto delle buche che presentavano screpolature e discontinuità tali da provocare la caduta.

La pronuncia

La Suprema Corte di Cassazione ha ritenuto che il sinistro si è verificato a pochi metri dal semaforo rosso e, per tale motivo, l’uomo, avrebbe dovuto rallentare la velocità del ciclomotore.

Corretta la visione degli Ermellini che hanno respinto definitivamente la richiesta risarcitoria avanzata dall’uomo.

Avv. Marco Damoli

Laureato in giurisprudenza presso l’Università degli Studi di Ferrara, dopo aver conseguito l’abilitazione presso la Corte d’Appello di Venezia, è iscritto all’Albo degli Avvocati di Verona. È esperto di diritto civile e diritto commerciale.

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La Corte di Cassazione, Sezione IV Penale,  con sentenza depositata il 18 settembre 2019, ha deciso sul caso di una persona che è stata trovata con un tasso alcolemico superiore alla soglia legale e che stava conducendo una macchina di proprietà di una società di leasing. Tale veicolo non è stato confiscato ed è scattato solo il raddoppio della durata della sospensione della patente di guida.

Il fatto

Il caso di specie riguarda un uomo che è stato fermato in guida in stato di ebbrezza e stava conducendo una auto intestata ad una società di leasing.

Lo stesso possedeva delle quote della società di leasing.

Il legale dell’imputato, ha proposto ricorso in Cassazione sostenendo l’illegittimo raddoppio della durata della sospensione della patente di guida sul fatto che l’auto non fosse intestata a persona fisica. bensì era di proprietà di una società di leasing e, per cui, di un soggetto giuridico distinto.

La pronuncia

La Suprema Corte di Cassazione non ha accolto le difese del ricorrente, precisando che il significato di “appartenenza” del veicolo a persona estranea al reato va intesa come effettivo e concreto dominio sulla cosa.

Inoltre, il giudice, non ha disposto la confisca del bene a tutela dei soci per evitare di danneggiarli ulteriormente.

Avv. Marco Damoli

Laureato in giurisprudenza presso l’Università degli Studi di Ferrara, dopo aver conseguito l’abilitazione presso la Corte d’Appello di Venezia, è iscritto all’Albo degli Avvocati di Verona. È esperto di diritto civile e diritto commerciale.

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La Corte di Cassazione, Sezione III Penale,  con sentenza depositata il 15 novembre, ha condannato a 14 mesi di reclusione una madre che ha spinto il fidanzato quindicenne della figlia ad avere rapporti sessuali con lei.

Il fatto

Il caso di specie riguardava l’attrazione di una madre nei confronti del fidanzato quindicenne della figlia per il quale provava una forte attrazione.

Quanto dichiarato dal ragazzino e della stessa donna, per la Corte d’Appello, è stato ritenuto sufficiente per una condanna a 14 mesi di reclusione per violenza sessuale con la concessione della «sospensione condizionale».

Proposto ricorso per Cassazione.

La pronuncia

Il legale della donna ha dimostrato, ai giudici della Cassazione, mediante una perizia psichiatrica, lo stato di profonda immaturità della stessa, che viene identificata come una persona istrionica, insicura e di labile emotività.

Gli Ermellini non hanno accolto l’istanza del legale, confermando così i 14 mesi di reclusione inflitti dalla Corte d’Appello.

Avv. Marco Damoli

Laureato in giurisprudenza presso l’Università degli Studi di Ferrara, dopo aver conseguito l’abilitazione presso la Corte d’Appello di Venezia, è iscritto all’Albo degli Avvocati di Verona. È esperto di diritto civile e diritto commerciale.

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La Corte di Cassazione, Sezione V Penale,  con sentenza depositata il 12 novembre, ha affermato che il mancato avviso da parte della Polizia di farsi assistere da un avvocato prima di svolgere il prelievo ematico, produce una nullità di tipo generale a regime intermedio.

Il fatto

Il caso di specie portato all’attenzione della Consulta riguardava la responsabilità penale di un imputato per il reato di guida in stato di ebbrezza, con condanna a 6 mesi di arresto, 4.000 euro di multa e sospensione della patente per 2 anni.

La Corte di Appello, aveva riformato parzialmente la sentenza del Tribunale a seguito della domanda di giudizio abbreviato per la concessa sospensione condizionale della pena.

L’imputato, a seguito dell’incidente, veniva condotto in nosocomio e, a seguito dei controlli, risultava positivo all’alcoltest.

La pronuncia

Gli Ermellini hanno statuito che la violazione dell’obbligo di dare avviso al conducente di farsi assistere da un difensore di fiducia, in caso di alcoltest, determina una nullità di ordine generale a regime intermedio che può essere dedotta fino al momento della deliberazione della sentenza di primo grado, ma che risulta sanata nel caso in cui l’imputato abbia fatto richiesta di rito abbreviato.  

Per tali osservazioni, il ricorso è stato rigettato poiché inammissibile.

Avv. Marco Damoli

Laureato in giurisprudenza presso l’Università degli Studi di Ferrara, dopo aver conseguito l’abilitazione presso la Corte d’Appello di Venezia, è iscritto all’Albo degli Avvocati di Verona. È esperto di diritto civile e diritto commerciale.

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La responsabilità civile per i danni causati dai cani randagi è da attribuire all’ente che ha, per legge, il dovere di prevenire il pericolo specifico per l’incolumità della popolazione, cioè il compimento della cattura e della custodia dei cani vaganti.

Il fatto

A seguito di un sinistro stradale causato dall’invasione improvvisa della carreggiata da parte di un cane randagio, il danneggiato ha citato in giudizio la ASL territorialmente competente, per ottenere il risarcimento dei danni patiti.

L’Azienda Sanitaria, costituitasi in giudizio, ha eccepito il proprio difetto di legittimazione passiva e ha chiamato in causa il Comune nel cui territorio è avvenuto il sinistro.

Sia il giudice di pace, in primo grado, sia il Tribunale, in grado di appello, hanno condannato in solido il Comune e la ASL a risarcire i danni all’automobilista.

La predetta Azienda ha, allora, promosso ricorso per cassazione, in quanto l’intera responsabilità avrebbe dovuto essere addossata al Comune.

La pronuncia

La Suprema Corte di Cassazione ha però respinto detto ricorso.

Infatti, secondo i giudici di legittimità, è la ASL stessa ad essere il soggetto individuato dalla normativa quale competente in materia di prevenzione del fenomeno del randagismo.

Il Comune, invece, ha unicamente il compito di prevenzione del randagismo, che si sostanzia nel controllo delle nascite della popolazione canina e felina a fini di igiene e profilassi.

Solamente la prima, di conseguenza, è responsabile civilmente per i danni arrecati da questi animali.

Avv. Mattia Verza

Laureato in giurisprudenza presso l’Università degli Studi di Verona, dopo aver conseguito l’abilitazione presso la Corte d’Appello di Venezia, è iscritto all’Albo degli Avvocati di Verona. È esperto di diritto civile e commerciale, con particolare riferimento al settore real estate.