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La Prima Sezione civile della Corte di Cassazione, con ordinanza n. 13830/2019, depositata il 22 maggio 2019, ha “assolto” la Banca che, al momento dell’indebito prelievo, non ha verificato la corrispondenza tra effettivo prenditore e titolare del conto corrente attraverso le firme.

Il fatto

Il tentativo di truffa è stato orchestrato da un anziano signore, il quale, omonimo del nipote, ha prelevato 10 milioni delle vecchie lire dal conto corrente.

Con un assegno, si è presentato presso lo Banca e, la stessa, senza controllo delle firme, ha pagato all’anziano la somma di denaro credendo fosse l’effettivo titolare del conto.

Il nipote, ha deciso di promuovere azione giudiziaria contro la Banca e di chiedere un importante risarcimento danni.

La pronuncia 

La Cassazione, sulle ombre delle decisioni prese dal Tribunale prima, e dalla Corte d’Appello poi, ha deciso che il tentativo di truffa messo in atto dal nipote e dal nonno, fosse più grave rispetto al mancato controllo delle firme che la Banca è obbligata a fare, che in tal caso ha omesso.

Per tale motivo il ricorso è stato rigettato.

Banca mancato controllo firme

Avv. Marco Damoli

Laureato in giurisprudenza presso l’Università degli Studi di Ferrara, dopo aver conseguito l’abilitazione presso la Corte d’Appello di Venezia, è iscritto all’Albo degli Avvocati di Verona. È esperto di diritto civile e diritto commerciale.

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Nel corso di un giudizio di opposizione al verbale di accertamento di violazione del Codice della Strada, il giudice è tenuto ad accertare, se contestato, che tale strumento sia stato sottoposto alle verifiche di funzionalità e taratura.

Il fatto

Un automobilista ha ricevuto la notifica di un verbale di accertamento di violazione del Codice della Strada per aver superato il limite di velocità.

Convinto delle proprie ragioni, ha promosso ricorso avverso detto verbale presso il Giudice di Pace di Modena che, però, non è stato accolto.

Ha, allora, proposto appello avverso la sentenza di rigetto ma, tuttavia, anch’esso è stato respinto.

Il Tribunale di Modena, in veste di giudice di secondo grado, infatti, ha ritenuto che la corretta installazione ed il corretto funzionamento dell’autovelox fossero attestati nel verbale della Polizia Locale e che tale attestazione costituisse, in mancanza di allegazione di indici concreti di non corretto funzionamento del dispositivo, prova sufficiente della corretta installazione e del corretto funzionamento dello stesso. L’Amministrazione interpellata, pertanto, non potrebbe onerarsi di produrre un documento di attestazione che duplichi quello già in atti.

L’automobilista si è visto costretto a promuovere ricorso per cassazione.

La pronuncia

La Suprema Corte ha accolto i motivi della domanda perché fondati.

La Corte Costituzionale, con la sentenza n. 113/2015, ha stabilito il principio secondo il quale, in caso di contestazioni circa l’affidabilità dell’apparecchio, il giudice è tenuto ad accertare se lo stesso fosse sottoposto alle periodiche verifiche di funzionalità e taratura.

Nel caso di specie, i giudici del merito non hanno fatto buon governo di detto principio escludendo la necessità di detta verifica.

Di conseguenza, la Cassazione ha rinviato al Tribunale di Modena per l’annullamento della sanzione amministrativa inflitta a causa della mancata produzione in giudizio, da parte della Pubblica Amministrazione, dei certificati di taratura e di omologazione del tutor.

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Avv. Mattia Verza

Laureato in giurisprudenza presso l’Università degli Studi di Verona, dopo aver conseguito l’abilitazione presso la Corte d’Appello di Venezia, è iscritto all’Albo degli Avvocati di Verona. È esperto di diritto civile e diritto commerciale.