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Il compratore, che abbia subito un danno a causa dei vizi della cosa, può rinunciare a proporre l’azione per la risoluzione del contratto o per la riduzione del prezzo e esercitare la sola azione di risarcimento del danno dipendente dall’inadempimento del venditore.

Devono, comunque, ricorrere tutti i presupposti dell’azione di garanzia e, quindi, siano dimostrate la sussistenza e la rilevanza dei vizi.

Inoltre, devono essere osservati i temrini di decadenza e di prescrizione ed, in generre, tutte le condizioni stabilite per l’esercizio di tale azione.

Sentenza febbraio 2022

 

 

Per poter fruire dei benefici “prima casa”, l’acquirente deve poter dichiarare, nell’atto di acquisto, di non essere titolare esclusivo o in comunione con il coniuge dei diritti di proprietà, usufrutto, uso e abitazione di altra casa di abitazione nel territorio del Comune in cui è situato l’immobile da acquistare.

Il fatto

Un soggetto è proprietario di due immobili siti nel medesimo Comune.

Il primo, nel quale vive, è stato acquistato con le agevolazioni “prima casa”.

Il secondo, che è invece concesso in locazione, è stato acquistato senza fruire di queste agevolazioni fiscali.

Egli decide di vendere la propria abitazione e di comprarne un’altra, sempre nel medesimo Comune.

A suo parere, quest’ultima può essere acquistata fruendo nuovamente delle agevolazioni “prima casa”.

Infatti, la recentissima giurisprudenza della Cassazione sostiene che dette agevolazioni debbano essere estese anche a chi è proprietario di un immobile già concesso in locazione, sito nel medesimo luogo, in quanto sottoposto ad un vincolo giuridico che rende tale alloggio giuridicamente inidoneo ad essere abitato.

La pronuncia

L’Agenzia delle Entrate è, però, di parere contrario rispetto a quello della Suprema Corte.

Per poter fruire di queste agevolazioni fiscali, la normativa impone il rispetto di tre condizioni:

  1. che l’immobile sia ubicato nel territorio del Comune in cui l’acquirente ha o stabilisca la propria residenza entro 18 mesi dall’acquisto;
  2. che nell’atto di acquisto l’acquirente dichiari di non essere titolare, ad alcun titolo, di altra casa situata nello stesso Comune in cui è situato l’immobile da acquistare;
  3. che nell’atto di acquisto l’acquirente dichiari di non essere titolare, ad alcun titolo, di altro immobile nel territorio nazionale acquistato con la medesima agevolazione.

È necessario, pertanto, che il secondo immobile eventualmente posseduto sia assolutamente inidoneo all’uso abitativo.

L’indisponibilità giuridica dovuta al contratto di locazione, tuttavia, non corrisponde a tale concetto di inidoneità.

Di conseguenza, l’agevolazione prima casa non può essere applicata al caso di specie.

Avv. Mattia Verza

Laureato in giurisprudenza presso l’Università degli Studi di Verona, dopo aver conseguito l’abilitazione presso la Corte d’Appello di Venezia, è iscritto all’Albo degli Avvocati di Verona. È esperto di diritto civile e commerciale, con particolare riferimento al settore real estate.

 

In tema di responsabilità civile per danni da cose in custodia, la condotta del danneggiato che entri in interazione con la cosa si atteggia diversamente a seconda del grado di incidenza causale sull’evento dannoso.

Di conseguenza, quanto più è possibile prevedere il danno e lo stesso è superabile attraverso l’adozione di cautele normalmente attese, tanto più incidente deve considerarsi l’efficienza causale del comportamento imprudente del medesimo nel dinamismo causale del danno, fino a rendere possibile che detto comportamento interrompa il nesso eziologico tra fatto ed evento dannoso.

Il fatto

Un motociclista aveva citato in giudizio il competente Comune per ottenere il risarcimento dei danni subiti a seguito di un sinistro dovuto alla presenza sul manto stradale di una buca non visibile.

I giudici del merito, sia in primo sia in secondo grado, avevano però rigettato la sua domanda perché la predetta buca era correttamente segnalata.

Egli aveva, allora, promosso ricorso per cassazione, ritenendo che la Pubblica Amministrazione non avesse fornito la prova del caso fortuito, necessaria per escludere la propria responsabilità.

La pronuncia

La Suprema Corte di Cassazione ha ritenuto il motivo di ricorso infondato.

È stato accertato, infatti, che il danneggiato conoscesse la situazione dei luoghi.

Inoltre, la situazione di dissesto della strada era ampiamente visibile, essendovi sul posto idonea segnaletica stradale.

Di conseguenza, il sinistro è stato correttamente ricondotto alla sua responsabilità esclusiva.

Avv. Mattia Verza

Laureato in giurisprudenza presso l’Università degli Studi di Verona, dopo aver conseguito l’abilitazione presso la Corte d’Appello di Venezia, è iscritto all’Albo degli Avvocati di Verona. È esperto di diritto civile e commerciale, con particolare riferimento al settore real estate.

In tema di assicurazione contro i danni, l’inosservanza, da parte dell’assicurato, dell’obbligo di dare avviso del sinistro, secondo le specifiche modalità ed i tempi previsti dall’art. 1913 c.c., non può implicare, di per sé, la perdita della garanzia assicurativa, occorrendo a tal fine accertare se detta inosservanza abbia carattere doloso o colposo. 

Il fatto

Una carrozzeria, cessionaria del credito di un soggetto danneggiato a seguito di un sinistro stradale, ha citato in giudizio la Compagnia assicurativa della vettura di quest’ultimo per ottenere il pagamento del corrispettivo per le riparazioni effettuate sul mezzo.

Sia il giudice di pace, in primo grado, sia il Tribunale, in grado di appello, hanno però rigettato la domanda in quanto il soggetto assicurato avrebbe denunciato tardivamente il sinistro alla propria assicurazione, cioè oltre i tre giorni previsti dalla legge.

La carrozzeria, allora, ha promosso ricorso per cassazione, ritenendo che la tardiva comunicazione dell’evento non fosse ascrivibile al dolo dell’assicurata e che, pertanto, ai sensi dell’art. 1915 c.c., l’indennizzo avrebbe dovuto essere ridotto ma non escluso.

La pronuncia

Con la sentenza n. 24210, pubblicata il 30 settembre 2019, la Suprema Corte di Cassazione ha accolto il motivo di ricorso.

I giudici hanno osservato come, da un lato, l’art. 1913, co. 1, c.c. disponga che “l’assicurato deve dare avviso del sinistro all’assicuratore (…) entro tre giorni da quello in cui il sinistro si è verificato o l’assicurato ne ha avuto conoscenza”; dall’altro lato, l’art. 1915, co. 1, c.c., preveda che “l’assicurato che dolosamente non adempie l’obbligo dell’avviso (…) perde il diritto all’indennità” e, al co. 2, che “se l’assicurato omette colposamente di adempiere tale obbligo, l’assicuratore ha diritto di ridurre l’indennità in ragione del pregiudizio sofferto”.

Alla luce di queste norme, la giurisprudenza ha stabilito il principio secondo il quale l’inosservanza, da parte dell’assicurato, dell’obbligo di dare avviso del sinistro non possa implicare, di per sé, la perdita della garanzia assicurativa. A tal fine occorre sempre accertare se detta inosservanza abbia carattere doloso o colposo, dato che nella seconda ipotesi il diritto all’indennità non viene meno, ma si riduce in ragione del pregiudizio sofferto dall’assicuratore.

Di conseguenza, la carrozzeria ha il diritto ad ottenere un indennizzo, seppur ridotto.

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Avv. Mattia Verza

Laureato in giurisprudenza presso l’Università degli Studi di Verona, dopo aver conseguito l’abilitazione presso la Corte d’Appello di Venezia, è iscritto all’Albo degli Avvocati di Verona. È esperto di diritto civile e commerciale, con particolare riferimento al settore real estate.

In caso di pioggia, è del tutto normale che la banchina di una stazione ferroviaria sia bagnata e, pertanto, in caso di caduta a terra di un passeggero, l’azienda custode della stazione medesima non può essere ritenuta responsabile per non averne impedito l’accadimento o limitato il pericolo.

Il fatto

Nel 2011, una signora milanese che stava prendendo la metro in un giorno di pioggia, è scivolata a causa della presenza di una sostanza liquida presente sulla banchina della fermata della metropolitana.

Questa ha, dunque, citato in giudizio l’Azienda Trasporti Milanesi per ottenere il risarcimento dei danni patiti e il Tribunale meneghino ha, in primo grado, accolto la sua domanda.

La Corte d’Appello, tuttavia, ha riformato la prima decisione e ha escluso la responsabilità dell’azienda, in quanto questa avrebbe provato l’esistenza del caso fortuito.

La danneggiata, allora, ha promosso ricorso per cassazione, perché l’azienda convenuta non avrebbe dimostrato di aver adottato tutte le misure idonee ad impedire il pericolo.

La pronuncia

Con l’ordinanza n. 23189, pubblicata il 17 settembre 2019, la Suprema Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, rigettando le ragioni della signora.

La presenza di umidità sulla banchina di una stazione pubblica, infatti, in una giornata di pioggia, è del tutto ordinaria.

Ciò ha reso la stessa banchina del tutto conforme alle condizioni normali che essa assume in caso di pioggia.

Tanto basta ad escludere che la cosa si presentasse pericolosa al di là di quanto connaturato all’uso pubblico nella condizione di pioggia. 

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Avv. Mattia Verza

Laureato in giurisprudenza presso l’Università degli Studi di Verona, dopo aver conseguito l’abilitazione presso la Corte d’Appello di Venezia, è iscritto all’Albo degli Avvocati di Verona. È esperto di diritto civile e commerciale, con particolare riferimento al settore real estate.

Ai fini della responsabilità per danni causati dal prodotto, si considera produttore anche chi si presenti come tale, apponendo il proprio nome, marchio o altro segno distintivo sul prodotto o sulla confezione.

Il fatto

Il conducente di un autoveicolo, modello Opel Tigra, ha urtato violentemente un guard-rail riportando, oltre ai danni materiali al veicolo medesimo, anche delle lesioni personali a causa del mancato funzionamento dell’airbag e della cintura di sicurezza, dovuti a difetti di fabbricazione.

Il danneggiato ha richiesto il risarcimento dei danni nei confronti di General Motors Italia S.r.l., successore di Opel Italia S.r.l..

Il Tribunale di Messina, in primo grado, tuttavia, ha rigettato tale richiesta.

La Corte d’Appello di Messina, in secondo grado, invece, ha riformato la prima sentenza, riconoscendo al conducente il diritto al risarcimento dei danni.

General Motors Italia S.r.l., allora, ha promosso ricorso per cassazione, ritenendo di non essere il produttore del bene oggetto di causa, bensì solamente il distributore, e pertanto di non avere alcuna responsabilità in merito al malfunzionamento del veicolo o di parti di esso.

La pronuncia

Con la sentenza n. 21841, pubblicata il 30 agosto 2019, la Suprema Corte di Cassazione ha accolto il ricorso perché fondato.

La giurisprudenza di legittimità ha già avuto modo di affermare, infatti, che la responsabilità per danni causati da un prodotto è in capo al produttore dello stesso. Questi si individua nel soggetto che appone il proprio nome, marchio o altro segno distintivo sul prodotto o sulla confezione.

Risulta pacifico poi che, a livello internazionale, i marchi siano normalmente registrati dalle società capogruppo ed utilizzati da tutte le società che del gruppo fanno parte.

Nel caso di specie, allora, non essendo stata fornita la prova del fatto che Opel Italia S.r.l. abbia apposto sull’autovettura del danneggiato il proprio marchio, alcuna responsabilità può essere imputata in capo alla stessa.

Diversamente, si equiparerebbe il distributore al produttore, in violazione di quanto stabilito dalla legge.

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Avv. Mattia Verza

Laureato in giurisprudenza presso l’Università degli Studi di Verona, dopo aver conseguito l’abilitazione presso la Corte d’Appello di Venezia, è iscritto all’Albo degli Avvocati di Verona. È esperto di diritto civile e commerciale, con particolare riferimento al settore real estate.

La Corte di Cassazione, Sezione Terza Civile, con ordinanza n. 14382/19, depositata il 27 maggio 2019, ha statuito che il padre che ha fatto mancare il contributo economico e il proprio sostegno alla figlia, procurandole problematiche a livello morale e materiale, deve risarcire il danno.

Il fatto

La figlia, a seguito della separazione dei genitori, accusa il padre di aver violato i diritti di mantenimento, educazione e istruzione.

Lo stesso padre afferma di essere stato un padre assente dopo che è stato citato in Tribunale dalla ex compagna.

La figlia sostiene che, il padre, non ha prestato attenzione alle problematiche di relazione e comportamentali, senza porvi alcun rimedio.

La pronuncia 

La Cassazione, a seguito della disamina dei fatti, ha affermato che le colpe del padre sono palesi con le conseguenti ripercussioni sullo stato di salute della figlia.

L’obbligo di mantenimento, istruzione, educazione ed assistenza gravano su entrambi i genitori.

In definitiva è stato accertato da parte dei giudici della Suprema Corte di Cassazione il pregiudizio morale e il pregiudizio all’integrità psichica subiti dalla ragazza e il conseguente diritto di essere risarcita dal padre, che dovrà versare la cifra di oltre 66mila euro.

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 Avv. Marco Damoli

Laureato in giurisprudenza presso l’Università degli Studi di Ferrara, dopo aver conseguito l’abilitazione presso la Corte d’Appello di Venezia, è iscritto all’Albo degli Avvocati di Verona. È esperto di diritto civile e diritto commerciale.

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Il corretto espletamento dell’obbligo custodiale, ex art. 2051 c.c., richiede al condominio, alla luce di uno stato di pericolosità dell’albero, un’attività di vigilanza e manutenzione sulla res in custodia.

Il fatto

Una signora ha convenuto in giudizio un condominio, per ottenere la condanna dello stesso al risarcimento dei danni causati da un albero di grandi dimensioni presente negli spazi condominiali, che ha impedito l’utilizzo del proprio giardino.

La pronuncia

Il Tribunale di Roma ha ritenuto la domanda fondata e, quindi, ha condannato il condominio al pagamento di una somma a titolo di risarcimento dei danni, in via equitativa.

L’attrice ha invocato la responsabilità del condominio ex art. 2051 c.c., cioè una responsabilità oggettiva in capo al custode.

Grava sul danneggiato l’onere di provare l’esistenza del danno ed il nesso di causalità, intercorrente tra l’evento dannoso e la cosa in custodia.

Per contro, il custode è ammesso a fornire la prova liberatoria tramite la dimostrazione del caso fortuito, da intendersi quale interruzione del nesso di causalità determinato da elementi esterni o da un fatto estraneo alla sfera di custodia.

Nel nostro caso, il condominio avrebbe dovuto provare l’incidenza, nello sviluppo causale che ha condotto all’evento dannoso, di un fattore eccezionale ed imprevedibile, tale da escludere la materiale riconducibilità del sinistro all’agire umano.

Dagli atti di causa, al contrario, è emersa una condotta negligente del condominio, che per svariati anni non ha deliberato alcun intervento di potatura dell’albero.

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Avv. Mattia Verza

Laureato in giurisprudenza presso l’Università degli Studi di Verona, dopo aver conseguito l’abilitazione presso la Corte d’Appello di Venezia, è iscritto all’Albo degli Avvocati di Verona. È esperto di diritto civile e diritto commerciale.

La Seconda Sezione del Tribunale di Perugia ha depositato, in data 17 dicembre 2018, la sentenza n. 1677, affermando che, in caso di danni cagionati da fauna selvatica, il danneggiato ha l’onere di provare gli elementi del fatto illecito e di individuare il comportamento colposo dell’Ente pubblico.

Il fatto

Un motociclista, nell’imboccare una curva, è stato investito da un capriolo, il quale ha invaso la carreggiata non permettendo alcuna possibilità di sterzata o frenata al soggetto.

I danni allo scooter sono stati quantificati in € 3.175,68 e, il motociclista, ha sostenuto di aver riportato danni per € 100.000,00.

Lo stesso, ha affermato che la responsabilità del danno fosse attribuibile alla Regione, la quale avrebbe dovuto controllare e gestire la fauna selvatica, violando gli obblighi previsti dalla Legge n. 157/2011, per non aver censito, in modo periodico, gli animali selvatici.

La pronuncia

Secondo il Tribunale, il profilo di colpa ascrivibile alla Regione riguardo al censimento degli animali selvatici, risulta assolutamente generica.

Inoltre, lungo la strada percorsa dal motociclista, vi erano cartelli di pericolo per l’attraversamento di animali selvatici con il limite di velocità di 70 km/h.

In conclusione, è stata rigettata la domanda proposta dal soggetto contro la Regione per insussistenza dei presupposti previsti dall’art. 2043 c.c..

Fauna selvatica danno cagionato

Avv. Marco Damoli

Laureato in giurisprudenza presso l’Università degli Studi di Ferrara, dopo aver conseguito l’abilitazione presso la Corte d’Appello di Venezia, è iscritto all’Albo degli Avvocati di Verona. È esperto di diritto civile e diritto commerciale.

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Il locatore, in caso di anormale usura dell’immobile, ha diritto al risarcimento del danno consistente sia nella somma di denaro occorrente per la riparazione dell’immobile medesimo, sia nel mancato guadagno ritraibile dalla cosa nel periodo di tempo necessario per l’esecuzione dei lavori.

Il fatto

I proprietari di un immobile concesso in locazione ad un ente pubblico hanno proposto ricorso per consulenza tecnica preventiva, con l’obiettivo di accertare l’entità dei danni arrecati all’immobile dalla p.a., nonché individuare e quantificare le opere necessarie per ripristinare lo stato dei luoghi.

All’esito della successiva causa di merito, il Tribunale di Catanzaro ha preso atto dell’esistenza di detti gravi danni e, di conseguenza, ha condannato il conduttore al risarcimento dei danni, oltre al pagamento di una indennità commisurata al periodo di tempo occorrente ai proprietari per il restauro dell’immobile.

La Corte d’Appello della medesima città, in accoglimento dell’impugnazione proposta dall’ente, ha invece ritenuto che nessun risarcimento o indennità spettasse ai proprietari a titolo di ristoro della perduta possibilità di locare l’immobile a terzi durante il periodo occorrente per il restauro.

I locatori hanno, quindi, promosso ricorso per cassazione, ritenendo che nell’ipotesi in cui il conduttore restituisca l’immobile in condizioni tali da chiedere un restauro, il danno sarebbe in re ipsa.

La pronuncia

Con l’ordinanza n. 6596, pubblicata il 7 marzo 2019, la Suprema Corte di Cassazione ha accolto il ricorso dei proprietari perché fondato.

In primis, ha confermato il consolidato orientamento giurisprudenziale secondo il quale “qualora, in violazione dell’art. 1590 c.c., al momento della riconsegna dell’immobile locato presenti danni eccedenti il degrado dovuto a normale uso dello stesso, incombe al conduttore l’obbligo di risarcire tali danni, consistenti non solo nel costo delle opere necessarie per la rimessione in pristino, ma anche nel canone altrimenti dovuto per tutto il periodo necessario per l’esecuzione ed il completamento di tali lavori, senza che, a quest’ultimo riguardo, il locatore sia tenuto a provare anche di aver ricevuto – da parte di terzi – richieste per la locazione, non soddisfatte a causa dei lavori“.

In secondo luogo, si è precisato come il risarcimento dovuto al locatore in conseguenza della mancata disponibilità del bene durante il periodo occorrente per il restauro non costituisca un danno in re ipsa. L’indisponibilità è invece equiparata alla mancata restituzione dell’immobile. Ne consegue che è, in ogni caso, dovuto per questo periodo al proprietario il corrispettivo convenuto in sede di contratto, salva la prova del maggior danno.

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Avv. Mattia Verza

Laureato in giurisprudenza presso l’Università degli Studi di Verona, dopo aver conseguito l’abilitazione presso la Corte d’Appello di Venezia, è iscritto all’Albo degli Avvocati di Verona. È esperto di diritto civile e diritto commerciale.