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Il Giudice di pace di Brindisi, con la sentenza n. 1052, depositata in data 31 Maggio 2018, ha condannato la compagnia aerea al risarcimento dei danni subiti da alcuni viaggiatori per la cancellazione di un volo, senza fornire altre soluzioni alternative, che di fatto ha costretto loro a rinunciare al viaggio in Portogallo.

Il fatto

Gli attori citavano in giudizio la compagnia aerea per ottenere il risarcimento dei danni subiti a causa della cancellazione del volo, senza che venisse fornita loro la possibilità di riprotezione sul primo volo utile successivo oltre al rimborso del prezzo del biglietto.

Si costituiva la compagnia convenuta eccependo il difetto di giurisdizione del giudice italiano nonché il rigetto della domanda.

La pronuncia

Sulla Giurisdizione del Giudice Italiano, in base alla recente pronuncia della Corte di Giustizia UE, sez. IV, 9 luglio 2009, C-204/2008, è competente il Giudice del luogo di partenza o atterraggio del volo aereo a conoscere la richiesta di compensazione pecuniaria basata sul contratto di trasporto aereo.

Per quanto riguarda il risarcimento dei danni subiti, il Regolamento CE n. 261/04 disciplina la cancellazione del volo e il ritardo prolungato, oltre al caso di negato imbarco dovuto ad overbooking. La normativa prevede che, in caso di cancellazione del volo, il passeggero ha diritto cumulativamente: al rimborso del prezzo del biglietto e, se del caso, al volo di ritorno verso il punto di partenza iniziale, oppure ad un volo alternativo verso la destinazione finale da prendere immediatamente o in una data successiva di gradimento, oltre ad altri servizi per agevolare i viaggiatori e contenere i disagi subiti.

Nel caso di specie la compagnia aerea non ha ottemperato a quanto previsto dalla normativa e pertanto è stata condannata al pagamento rispettivamente della compensazione pecuniaria, del rimborso spese per la cancellazione del volo e di un importo supplementare per i gravi disagi subiti.    

Sent. GdP Brindisi

Dott. Marcello Orlandino

Laureato in giurisprudenza presso l’Università degli Studi di Verona, è iscritto all’Ordine degli Avvocati di Verona, nel Registro dei Praticanti abilitati al patrocinio. Si occupa prevalentemente di diritto amministrativo e diritto civile.

 

 

In tema di violazioni del codice della strada, quando non è possibile il pagamento in misura ridotta della sanzione pecuniaria ex art. 202 C.d.S., la mancata impugnazione del verbale non determina la formazione del titolo esecutivo, essendo impugnabile esclusivamente l’ordinanza ingiunzione.

Il fatto

Una società francese intestataria di un autocarro, regolarmente immatricolato in Francia e con telaio associato ad una targa francese, lo ha venduto ad un’altra società tedesca, la quale, poi, lo ha trasferito ad un’impresa italiana. La società francese, tuttavia, non ha mai provveduto alla radiazione del mezzo.

Il titolare dell’impresa italiana ha ricevuto una sanzione amministrativa per aver circolato alla guida di un autocarro munito di targa non propria.

Sia il Giudice di Pace, in primo grado, sia il Tribunale, in appello, hanno accolto l’opposizione promossa dal proprietario del veicolo.

La Prefettura di Genova ha, allora, promosso ricorso per cassazione, in quanto l’opposizione sarebbe inammissibile perché il ricorrente avrebbe potuto impugnare l’ordinanza ingiunzione e non il verbale di accertamento.

La pronuncia

La Suprema Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 13676, pubblicata il 21 maggio 2019, ha accolto il ricorso perché fondato.

Secondo il consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità, infatti, nelle ipotesi in cui non sia applicabile l’art. 203 C.d.S., che prevede la possibilità di impugnare il verbale di contestazione dinanzi all’autorità giudiziaria, si applica la disciplina generale della L. 689/1981, che prevede la possibilità di impugnare solo l’ordinanza-ingiunzione.

Cass_13676_2019

Avv. Mattia Verza

Laureato in giurisprudenza presso l’Università degli Studi di Verona, dopo aver conseguito l’abilitazione presso la Corte d’Appello di Venezia, è iscritto all’Albo degli Avvocati di Verona. È esperto di diritto civile e diritto commerciale.

Qualora il decreto prefettizio preveda l’installazione di un autovelox lungo solo un senso di marcia, il verbale di violazione del codice della strada emesso a seguito di un accertamento effettuato mediante la rilevazione di un dispositivo posizionato sul contrapposto senso di marcia è illegittimo, difettando di uno specifico provvedimento autorizzativo.

Il fatto

Un cittadino ha ricevuto una sanzione amministrativa per aver superato i limiti di velocità.

Egli ha, però, proposto opposizione verbale di accertamento di violazione del Codice della Strada perché l’autovelox che ha rilevato la sua infrazione si trovava sul lato destro della carreggiata, anziché sul lato sinistro, come previsto dal decreto prefettizio di autorizzazione.

Dapprima, il Giudice di Pace e , in grado d’appello, il Tribunale di Isernia hanno accolto il ricorso del conducente.

La Pubblica Amministrazione accertante la violazione, allora, ha promosso ricorso per cassazione.

La pronuncia

La Suprema Corte di Cassazione ha ritenuto il motivo infondato e ha, dunque, rigettato il ricorso.

Se, da un lato, è vero che il prefetto non ha l’obbligo, nell’individuare le strade dove posizionare i velox, di precisare il senso di marcia interessato dalla rilevazione, dall’altro lato, qualora invece lo specifichi, saranno legittimi solo i rilevamenti effettuati mediante i dispositivi posizionati in conformità al provvedimento autorizzativo.

Nel caso concreto, dunque, il verbale è stato correttamente annullato.

Cass_12309_2019

Avv. Mattia Verza

Laureato in giurisprudenza presso l’Università degli Studi di Verona, dopo aver conseguito l’abilitazione presso la Corte d’Appello di Venezia, è iscritto all’Albo degli Avvocati di Verona. È esperto di diritto civile e diritto commerciale.