Con un’articolata ordinanza n. 8760, la Suprema Corte di Cassazione in data 29 marzo 2019 si è espressa sull’inadempimento da parte dell’affittuario il quale, a seguito dell’impossibilità di utilizzare parte degli spazi aziendali affittati, rifiutava il pagamento del canone.
Il fatto
La società Alfa aveva concesso in affitto alla società Beta un complesso aziendale in Sardegna composto da un ristorante, bar e pizzeria, con annessa piscina e lido balneare.
Poco dopo la sottoscrizione del contratto, la società Alfa conveniva avanti al Tribunale di Tempio Pausania la società Beta per far accertare la risoluzione di diritto del contratto poiché quest’ultima non aveva pagato il canone di affitto.
Beta si costituiva in giudizio eccependo che, a seguito di un sopralluogo, i Vigili del Fuoco avevano dichiarato inagibile la struttura esterna destinata ad ospitare la discoteca e, pertanto, il mancato pagamento del canone era giustificato dall’impossibilità di utilizzare tali spazi, con conseguente danno emergente di cui Beta chiedeva il risarcimento in via riconvenzionale.
Sia il Tribunale di Tempio Pausania che la Sezione di Sassari della Corte d’Appello di Cagliari, rigettavano la domanda formulata da Alfa poiché la condotta di Beta era da ritenersi legittima a fronte dell’inadempimento della società affittante, consistente nell’aver concesso in affitto spazi non idonei all’uso previsto.
La pronuncia
La società Alfa ha quindi proposto ricorso per Cassazione in accoglimento del quale la Suprema Corte ha affermato la falsa applicazione da parte della Corte di Appello dell’art. 1460 c.c.. Tale articolo disciplina la cd. eccezione di inadempimento che, in estrema sintesi, consente a ciascun contraente di non adempiere l’obbligazione quando l’altro contraente non adempie la propria, salvo che il mancato adempimento sia contrario al principio di buona fede.
La Corte di Appello ha quindi errato nel ritenere legittimo il comportamento di Beta poiché l’inadempimento di quest’ultima era stato totale a fronte, invece, di un parziale ed economicamente poco significativo inadempimento di Alfa. Tale sproporzione tra le prestazioni ha alterato in modo significativo l’equilibrio contrattuale con conseguente violazione del principio di buona fede, qui inteso in senso oggettivo.
La Corte di Cassazione, inoltre, ha affermato che il rifiuto di pagare il canone doveva essere valutato con riferimento alla possibilità per Beta di esercitare l’attività di impresa dedotta nel contratto di affitto, che non le era preclusa dall’inagibilità della discoteca, poiché la disponibilità dei locali da parte della società affittante è prestazione corollaria “ma non è essa lo scopo essenziale del contratto” di affitto di azienda.
Ordinanza n. 8760 dd. 29.03.2019
Avv. Alessandro Martini
Si laurea presso la Facoltà di Giurisprudenza di Trento nel novembre del 2011 con una tesi in diritto tributario sulla fiscalità dei nuovi strumenti finanziari partecipativi. Ad ottobre 2012 consegue un master di secondo livello presso l’Alta scuola di studi tributari A. Berliri di Bologna e si iscrive presso l’Ordine degli Avvocati di Trento nel 2017.