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Amministratore di sostegno e decesso del tutelato:

L’Amministratore di sostegno, qualora venga autorizzato dal Giudice Tutelare, può provvedere al pagamento di debiti e spese funerarie del deceduto anche prima della successione.

Pertanto ha la facoltà di non prendere in considerazione il blocco dei conti correnti imposto dalla Banca al momento del decesso.

L’Agenzia delle Entrate, in risposta ad un interpello del marzo 2022, si è espressa in merito alla richiesta, da parte di una Banca, di come comportarsi riguardo al pagamento delle spese, post mortem, che l’AdS sottopone all’Istituto di credito.

L’Istante fa presente che, qualora rifiutasse di ottemperare ai provvedimenti del Giudice Tutelare, incapperebbe nella violazione dell’art. 388 c.p. configurando un comportamento penalmente rilevante con conseguenze sia sotto il profilo del TUS sia di natura fiscale.

In definitiva, l’Agenzia delle Entrate si è espressa specificando che qualora vi siano dei provvedimenti emessi dall’Autorità giudiziaria, su richiesta dell’AdS, l’Istituto bancario deve provvedere al pagamento delle spese documentate non incorrendo, così, in violazioni punibili.

 

 

 

Il compratore, che abbia subito un danno a causa dei vizi della cosa, può rinunciare a proporre l’azione per la risoluzione del contratto o per la riduzione del prezzo e esercitare la sola azione di risarcimento del danno dipendente dall’inadempimento del venditore.

Devono, comunque, ricorrere tutti i presupposti dell’azione di garanzia e, quindi, siano dimostrate la sussistenza e la rilevanza dei vizi.

Inoltre, devono essere osservati i temrini di decadenza e di prescrizione ed, in generre, tutte le condizioni stabilite per l’esercizio di tale azione.

Sentenza febbraio 2022

 

 

La separazione personale, a differenza della cessazione degli effetti civili del matrimonio, presuppone la permanenza del vincolo coniugale.

Pertanto, i redditi su cui va rapportato l’assegno a favore del coniuge sono quelli necessari a mantenere il tenore di vita goduto in costanza di matrimonio, essendo ancora attuale il dovere di assistenza materiale dalla quale deriva solo la sospensione degli obblighi di fedeltà, convivenza e collaborazione, quindi ben diversa dalla solidarietà post-coniugale, presupposto dell’assegno di divorzio.

È configurabile il reato di frode nell’esercizio del commercio, previsto e punito dall’art. 515 c.p., qualora si riscontri la diversa composizione del vino detenuto per il commercio rispetto a quanto indicato nelle etichette apposte sul resto delle bottiglie.

Il fatto

Ad un produttore di vino è stato sequestrato un ingente carico di bottiglie di vino e di etichette, destinato al mercato danese.

Dalle indagini effettuate, infatti, è emerso che in quelle bottiglie non fossero presenti le uve corvina, croatina e rondinella, contrariamente a quanto risultante dalle indicazioni presenti sulle etichette apposte sul retro delle bottiglie relativamente alla composizione del vino.

I consumatori sarebbero stati tratti in inganno sulle caratteristiche di provenienza dei vini, aventi una composizione differente rispetto a quella riportata sulle etichette.

Il Tribunale di Verona ha ascritto al produttore il reato di contraffazione di indicazioni geografiche o denominazioni di origine dei prodotti agroalimentari, ex art. 517 quater c.p..

L’imprenditore ha promosso ricorso per cassazione avverso il diniego di riesame del decreto di sequestro preventivo perché i fatti contestati non avrebbero potuto rientrare nella predetta norma incriminatrice. Il prodotto sequestrato, infatti, sarebbe privo di IGP e DOC.

La pronuncia

Con la sentenza n. 2354, pubblicata il 23 marzo 2016, la Suprema Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso perché infondato.

Nonostante la non configurabilità, nel caso di specie, del reato di cui all’art. 517 quater c.p. (il quale sarebbe integrato da condotte di contraffazione o alterazione dei segni distintivi di origine geografica e da quelle di introduzione nel territorio dello Stato, detenzione per la vendita, offerta in vendita diretta ai consumatori e messa in circolazione dei prodotti con segni mendaci), la fattispecie concreta è di certo riconducibile al tentativo di frode nell’esercizio del commercio, previsto e punito dall’art. 515 c.p..

Di conseguenza, il sequestro è comunque legittimo, essendo potere del giudice cautelare la riqualificazione del fatto di reato.

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Avv. Mattia Verza

Laureato in giurisprudenza presso l’Università degli Studi di Verona, dopo aver conseguito l’abilitazione presso la Corte d’Appello di Venezia, è iscritto all’Albo degli Avvocati di Verona. È esperto di diritto civile e diritto commerciale.

L’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, a conclusione di un procedimento istruttorio promosso nei confronti di Ryanair (e di Wizzair), ha accertato che la compagnia aerea low cost, a seguito della modifica della policy bagagli, ha presentato – e presenta tuttora – in modo ingannevole ai viaggiatori la tariffa standard per i servizi di trasporto aereo.

Il fatto

Fino al 1 novembre 2018, la tariffa standard di Ryanair prevedeva la possibilità per il consumatore di portare con sé un bagaglio a mano grande ed una piccola borsetta da viaggio, con specifiche regole sulla dimensione e sul peso degli stessi.

Già dal 15 gennaio 2018, però, solo chi acquistava il servizio priority portava a bordo dell’aeromobile il trolley bag. Gli altri lo consegnavano al gate per farlo imbarcare.

Per le prenotazioni effettuate a partire dal 1 settembre 2018, riguardanti i voli successivi al 1 novembre 2018, invece, Ryanair ha scorporato dalla tariffa standard la possibilità di trasportare un trolley bag, richiedendo ai consumatori il pagamento di un supplemento per il suo trasporto e consentendo gratuitamente quello della sola borsa piccola.

Le valutazioni dell’AGCM

Secondo l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, le regole in vigore prima del 1 novembre 2018 hanno costituito per anni un punto di riferimento per milioni di consumatori, che si sono abituati e adeguati alle stesse.

La modifica apportata da Ryanair è apparsa idonea a fornire una falsa rappresentazione del reale costo del biglietto aereo, perché ingannevole sulle caratteristiche e sul prezzo del servizio di trasporto aereo di passeggeri offerto dalla compagnia aerea, nonché contraria alla prassi di diligenza professionale nel settore di competenza.

Il “bagaglio a mano grande” è da considerarsi elemento indispensabile del servizio di trasporto aereo. Questo emerge sia, da un lato, dalla sentenza della Corte di Giustizia del 18 settembre 2014 nella causa C-487/12 (Vueling Airlines), e sia, dall’altro, dal fatto che la percentuale di passeggeri che negli ultimi anni hanno viaggiato solo con il bagaglio a mano piccolo è inferiore al 10%.

Così facendo, inoltre, la compagnia aerea ha escluso tutto lo spazio delle cappelliere dalla sua funzione naturale per offrire un servizio a pagamento, senza alcuna alternativa ai viaggiatori se non quella di sostenere un supplemento di prezzo.

Ne consegue che “siamo di fronte ad un supplemento inevitabile per la quasi totalità dei passeggeri e certamente prevedibile che non può venir trasformato dal professionista in un servizio aggiuntivo facoltativo per il quale chiedere un supplemento di prezzo“.

Quella posta in essere è, dunque, una pratica commerciale scorretta, contraria alle regole di diligenza professionale del settore, perché il reale costo di acquisto del servizio di trasporto non corrisponderebbe alla tariffa standard, bensì alla somma di questa con il supplemento relativo al bagaglio a mano.

In conclusione, la modifica alla policy bagagli apportata dalla compagnia aerea low cost ha, in primo luogo, comportato un ingannevole aumento della tariffa standard del servizio di trasporto aereo, scorporando un servizio essenziale, prevedibile e inevitabile per la quasi totalità dei passeggeri e richiedendo per lo stesso un supplemento di prezzo. In secondo luogo, ha alterato l’immediata comparazione con i prezzi offerti dagli altri vettori, perché le tariffe messe a confronto non includerebbero i medesimi servizi.

Sulla base di tali elementi, l’AGCM ha determinato e irrogato nei confronti della compagnia irlandese una sanzione pecuniaria di 3 milioni di euro.

Si apre ora la strada verso i rimborsi che Ryanair dovrà corrispondere per i sovrapprezzi non dovuti pagati dai consumatori.

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Avv. Mattia Verza

Laureato in giurisprudenza presso l’Università degli Studi di Verona, dopo aver conseguito l’abilitazione presso la Corte d’Appello di Venezia, è iscritto all’Albo degli Avvocati di Verona. È esperto di diritto civile e diritto commerciale.