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La Corte di Cassazione, Sezione IV Penale,  con sentenza depositata il 18 settembre 2019, ha deciso sul caso di una persona che è stata trovata con un tasso alcolemico superiore alla soglia legale e che stava conducendo una macchina di proprietà di una società di leasing. Tale veicolo non è stato confiscato ed è scattato solo il raddoppio della durata della sospensione della patente di guida.

Il fatto

Il caso di specie riguarda un uomo che è stato fermato in guida in stato di ebbrezza e stava conducendo una auto intestata ad una società di leasing.

Lo stesso possedeva delle quote della società di leasing.

Il legale dell’imputato, ha proposto ricorso in Cassazione sostenendo l’illegittimo raddoppio della durata della sospensione della patente di guida sul fatto che l’auto non fosse intestata a persona fisica. bensì era di proprietà di una società di leasing e, per cui, di un soggetto giuridico distinto.

La pronuncia

La Suprema Corte di Cassazione non ha accolto le difese del ricorrente, precisando che il significato di “appartenenza” del veicolo a persona estranea al reato va intesa come effettivo e concreto dominio sulla cosa.

Inoltre, il giudice, non ha disposto la confisca del bene a tutela dei soci per evitare di danneggiarli ulteriormente.

Avv. Marco Damoli

Laureato in giurisprudenza presso l’Università degli Studi di Ferrara, dopo aver conseguito l’abilitazione presso la Corte d’Appello di Venezia, è iscritto all’Albo degli Avvocati di Verona. È esperto di diritto civile e diritto commerciale.

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La Seconda sezione Civile della Corte di Cassazione, con sentenza n. 24855/2019, depositata il 04 ottobre 2019, ha statuito che nel caso in cui risulti, da contratto, una vettura non conforme a quella indicata, l’acquirente può proporre domanda di risoluzione. Per tale motivo non vi sono alternative per il venditore se le dichiarazione sullo stato della macchina sono mendaci.

Il fatto

Un uomo ha stipulato un contratto di compravendita di una autovettura usata Nissan.

In primo grado è stata rigettata la domanda di risoluzione contrattuale per la non conformità della vettura con quella indicata in contratto.

L’acquirente ha proposto ricorso per Cassazione contro la pronuncia della Corte d’Appello che ha dichiarato inammissibile il gravame proposto.

La pronuncia

La Corte ha precisato che il ricorrente ha proposto la domanda di risoluzione del contratto ai sensi degli artt. 1490 e 1492 c.c., per non conformità del veicolo con quella descitta in contratto; in appello ha fatto riferimemento anche sulla malafede e sul dolo della venditrice con domanda di annullamento del contratto.

Tale domanda nuova non ha pregiudicato quella originaria di risoluzione sulla quale i giudici dell’Appello avrebbero dovuto pronunciarsi.

Per tale motivo gli Ermellini hanno accolto il ricorso e cassato con rinvio la sentenza.

Macchina alterata km

Avv. Marco Damoli

Laureato in giurisprudenza presso l’Università degli Studi di Ferrara, dopo aver conseguito l’abilitazione presso la Corte d’Appello di Venezia, è iscritto all’Albo degli Avvocati di Verona. È esperto di diritto civile e diritto commerciale.

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La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 9348 di data 4.04.2019, ripercorrendo due contrapposti indirizzi giurisprudenziali, da risposta affermativa al quesito rilevando che nel nostro ordinamento non sono previsti danni risarcibili per il solo verificarsi dell’evento che li ha prodotti.

Il fatto

Durante una manovra l’automobile guidata da Tizio urtava il motociclo di Caia parcheggiato in strada causando ingenti danni.

Alfa, impresa assicuratrice del veicolo antagonista, liquidava in favore di Caia la somma di euro 3.475,00, che quest’ultima tratteneva in via di acconto. In un secondo momento Caia adiva il Giudice di Pace di Brindisi per ottenere il risarcimento integrale dei danni subiti, da ella quantificati in euro 7.355,46 per le riparazioni ed euro 150,00 per i danni da fermo tecnico del mezzo, durato tre giorni.

Il Giudice di Pace di Brindisi e, in secondo grado il Tribunale, rigettavano la richiesta risarcitoria di Caia la quale proponeva ricorso per Cassazione affermando che il danno da fermo tecnico non richiedeva una prova specifica, essendo insito nell’impossibilità di usare il mezzo, e che la sosta forzata era di per se fonte di spese (tassa di circolazione, premio assicurativo, naturale deprezzamento del bene).

La pronuncia

La Suprema Corte, nel rigettare il ricorso proposto da Caia, ripercorre i diversi orientamenti succedutisi nel tempo. Da atto di una giurisprudenza che riteneva il danno da fermo tecnico “liquidabile in via equitativa indipendentemente da una prova specifica in ordine al pregiudizio subito”; del contrapposto orientamento più risalente secondo il quale la mera indisponibilità del veicolo non era elemento sufficiente per dimostrare il danno patito e, infine, di un terzo filone, inaugurato nel 2015 cui la Corte nell’ordinanza in commento aderisce, secondo il quale “l’indisponibilità di un autoveicolo durante il tempo necessario per le riparazioni sia un danno che deve essere allegato e dimostrato; che la prova del danno non possa consistere nella dimostrazione della mera indisponibilità del veicolo, ma che occorra fornire la prova della spesa sostenuta per procurarsi un mezzo sostitutivo ovvero della perdita subita per avere dovuto rinunciare ai proventi ricavati dall’uso del mezzo”.

Diversamente, infatti, si ammetterebbe una funzione sanzionatoria della responsabilità civile e si utilizzerebbe il criterio equitativo in modo distorto, cioè non in funzione di colmare le lacune insuperabili ai fini della precisa determinazione del danno ma per sopperire al difetto di prova.

Ordinanza n. 9348 dd. 4.04

Avv. Alessandro Martini

Si laurea presso la Facoltà di Giurisprudenza di Trento nel novembre del 2011 con una tesi in diritto tributario sulla fiscalità dei nuovi strumenti finanziari partecipativi. Ad ottobre 2012 consegue un master di secondo livello presso l’Alta scuola di studi tributari A. Berliri di Bologna e si iscrive presso l’Ordine degli Avvocati di Trento nel 2017.

La stipulazione di un contratto di assicurazione della responsabilità civile relativa alla circolazione di un autoveicolo è obbligatoria qualora lo stesso, pur trovandosi per mera scelta del proprietario stanziato su un terreno privato, sia ancora immatricolato in uno Stato membro dell’Unione europea e idoneo a circolare.

Il fatto

Una signora portoghese, proprietaria di un veicolo, ha cessato di guidarlo e lo ha parcheggiato nel cortile di casa, senza avviare le pratiche per il ritiro ufficiale dalla circolazione.

Nel 2006 il figlio della signora ha utilizzato l’automobile ad insaputa della madre ed è uscito di strada, provocando il decesso dei tre passeggeri.

Il Fundo de Garantia Automòvel (organismo di diritto portoghese che ha il compito di risarcire i soggetti che subiscono un danno derivante da sinistri stradali in Portogallo) ha indennizzato gli eredi degli stessi trasportati e, poi, ha agito in regresso nei confronti della proprietaria del mezzo per ottenere il rimborso della somma corrisposta.

La signora, costituitasi in giudizio, ha per contro ritenuto di non essere responsabile del sinistro e che di non essere obbligata a stipulare una polizza assicurativa per un veicolo inutilizzato.

Il giudice di primo grado ha ritenuto, invece, che sussistesse l’obbligo di assicurare il veicolo, anche per risarcire le vittime di eventuali incidenti in caso di furto.

Il tribunal da relação (Corte d’Appello) ha, però, annullato la sentenza di primo grado ritenendo che non vi fosse alcun obbligo di sottoscrivere un contratto di assicurazione per la proprietaria del veicolo.

Il Supremo Tribunal de Justiça (Corte Suprema) ha sospeso il procedimento e ha sottoposto alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea la questione relativa alla sussistenza dell’obbligo per il proprietario di un veicolo di concludere un contratto di assicurazione della responsabilità civile risultante dalla circolazione del medesimo mezzo, anche qualora lo stesso, per scelta unilaterale, fosse immobilizzato fuori dalla pubblica via.

La pronuncia

La Corte, riunita in Grande Sezione, ha stabilito che ogni Stato membro debba garantire che ogni veicolo che stazioni abitualmente sul suo territorio sia coperto da un contratto stipulato con una compagnia di assicurazioni, al fine di garantire la responsabilità civile relativa allo stesso veicolo.

Alla luce di ciò, i giudici hanno precisato che un veicolo immatricolato, non regolarmente ritirato e idoneo a circolare, sia comunque soggetto all’obbligo di assicurazione enunciato all’art. 3, par. 1, della Direttiva 72/166/CEE, anche se il suo proprietario non abbia più intenzione di guidarlo e, quindi, lo abbia immobilizzato su un terreno privato.

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Avv. Mattia Verza

Laureato in giurisprudenza presso l’Università degli Studi di Verona, dopo aver conseguito l’abilitazione presso la Corte d’Appello di Venezia, è iscritto all’Albo degli Avvocati di Verona. È esperto di diritto civile e diritto commerciale.

La Legge di Bilancio 2019 (L. 30 dicembre 2018, n. 145, “Bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2019 e bilancio pluriennale per il triennio 2019-2021“) ha previsto l’entrata in vigore dal 1° marzo 2019, fino al 31 dicembre 2021, di due misure volte a tutelare l’ambiente e la mobilità: l’ecobonus a favore di chi acquista auto a basso impatto ambientale e l’ecotassa per chi, invece, sceglie veicoli altamente inquinanti.

Il bonus

L’art. 1, comma 1031, della predetta Legge ha riconosciuto a chi acquista, anche in leasing, un veicolo nuovo del valore non superiore a 50 mila euro (IVA esclusa), l’emissione di un contributo parametrato ai grammi di CO2 emessi.

Se l’auto comprata non produce più di 20 g/km e contestualmente si consegna per la rottamazione un veicolo omologato alle classi Euro 1, 2, 3 o 4, l’incentivo è di 6 mila euro. È di 4 mila euro in assenza di rottamazione.

Se, invece, le emissioni di COsuperano i 21 g/km, ma non eccedono i 70 g/km, il contributo è di 2.500 euro, rottamando un veicolo rientrante nelle predette classi, o di 1.500 euro, se non si consegna alcuna auto.

Qualora, inoltre, l’auto sia elettrica o ibrida, di potenza inferiore o uguale a 11kW, è riconosciuto un contributo pari al 30% del prezzo di acquisto, fino ad un massimo di 3 mila euro.

Per potersi avvantaggiare dell’incentivo, in ogni caso, l’automobile deve essere immatricolata in Italia.

L’imposta

L’art. 1, comma 1042, della citata normativa ha penalizzato, invece, chi acquista, anche in leasing, automobili che emettono più di 160 g/km di CO2.

In particolare, sono previsti quattro scaglioni di imposta proporzionali alle emissioni di CO2:

  • se queste sono inferiori a 175 g/km, l’importo da pagare è di 1.100 euro;
  • se sono comprese tra i 176 e i 200 g/km, la somma è di 1.600 euro;
  • se rientrano tra i 201 e i 250 g/km, si dovranno pagare 2 mila euro;
  • se, infine, sono superiori a 250 g/km, l’esborso sarà di 2.500 euro.

Questa imposta si applica con riferimento a veicoli immatricolati in Italia, anche se in precedenza sono stati già immatricolati in altri Paesi.

 

 

 

Avv. Mattia Verza

Laureato in giurisprudenza presso l’Università degli Studi di Verona, dopo aver conseguito l’abilitazione presso la Corte d’Appello di Venezia, è iscritto all’Albo degli Avvocati di Verona. È esperto di diritto civile e diritto commerciale.