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L’eventualità che tra i fruitori di un messaggio offensivo vi sia anche la persona destinataria delle offese stesse non può indurre a ritenere che sia integrato l’illecito di ingiuria, invece che il reato di diffamazione.

Il fatto

Una ragazza ha esposto querela nei confronti di un amico che, in una chat di gruppo di Whatsapp nella quale entrambi erano presenti, ha proferito verso la reputazione della prima delle offese.

La pronuncia

La Suprema Corte di Cassazione ha di recente risolto i dubbi che sussistevano circa l’inquadramento della fattispecie: cioè se la stessa integrasse il delitto di diffamazione o l’illecito di ingiuria.

Nonostante, infatti, la trasmissione/comunicazione adoperata consenta, in astratto, anche al soggetto vilipeso di percepire direttamente l’offesa, il fatto che il messaggio sia diretto ad una cerchia di fruitori, i quali potrebbero anche venirne a conoscenza in tempi diversi, fa si che l’addebito lesivo si collochi in una dimensione più ampia du quella tra offensore e offeso.

Di conseguenza, ha stabilito che la situazione di scambio comunicativo che viene in rilievo in una chat di Whatsapp non integra l’illecito civile di ingiuria, ma il delitto di diffamazione.

Avv. Mattia Verza

Laureato in giurisprudenza presso l’Università degli Studi di Verona, dopo aver conseguito l’abilitazione presso la Corte d’Appello di Venezia, è iscritto all’Albo degli Avvocati di Verona. È esperto di diritto civile e commerciale, con particolare riferimento al settore real estate.