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La Seconda Sezione penale della Corte di Cassazione, con sentenza n. 27927/2019, depositata il 25 giugno 2019, ha statuito che l’indifferenza riposta nell’acquisto di un cellulare, da parte di un soggetto, non esclude i profili del reato di ricettazione.

Il fatto

Il Tribunale ha condannato una persona che, recatosi presso un mercatino dell’usato, ha acquistato un telefono cellulare senza prima premurarsi della natura illecita del bene.

La Corte d’Appello ha confermato quanto deciso in primo grado in realzione al delitto di ricettazione.

L’imputato ha, così, proposto ricorso per cassazione deducendo la violazione della legge penale in relazione all’elemento soggettivo di tale delitto in assenza dei requisiti del dolo eventuale nell’acquisto di uno smartphone effettuato con mera indifferenza.

Altro motivo addotto, riguarda l’accertamento dell’elemento soggettivo del delitto di ricettazione desunto dall’uso della scheda simintestata all’imputato.

Come ultimo motivo, il vizio di motivazione in relazione alle circostanze attenuanti generiche, motivato con l’assenza di segnali di resipiscenza.

La pronuncia 

La Corte di Cassazione ha ritenuto manifestamente infondati il primo e secondo motivo di ricorso, poichè afferma che l’imputato, che è stato trovato nella disponibilità di refurtiva di qualsiasi natura, e non viene provata l’origine del possesso, risponde del delitto di ricettazione; questo perchè, l’assenza di giustificazione, costituisce prova della conoscenza dell’illecita provenienza della res.

Il dolo di ricettazione si atteggia nel dolo eventuale quando, il soggetto agente, accetta consapevolmente il rischio che la cosa acquistata sia di illecita provenienza.

Per tali motivi, la Corte ha condannato il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di Euro 2.000,00 alla Cassa delle ammende.

cass pen ricettazione telefono comprato al mercatino

Avv. Marco Damoli

Laureato in giurisprudenza presso l’Università degli Studi di Ferrara, dopo aver conseguito l’abilitazione presso la Corte d’Appello di Venezia, è iscritto all’Albo degli Avvocati di Verona. È esperto di diritto civile e diritto commerciale.

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La Prima Sezione civile della Corte di Cassazione, con ordinanza n. 13830/2019, depositata il 22 maggio 2019, ha “assolto” la Banca che, al momento dell’indebito prelievo, non ha verificato la corrispondenza tra effettivo prenditore e titolare del conto corrente attraverso le firme.

Il fatto

Il tentativo di truffa è stato orchestrato da un anziano signore, il quale, omonimo del nipote, ha prelevato 10 milioni delle vecchie lire dal conto corrente.

Con un assegno, si è presentato presso lo Banca e, la stessa, senza controllo delle firme, ha pagato all’anziano la somma di denaro credendo fosse l’effettivo titolare del conto.

Il nipote, ha deciso di promuovere azione giudiziaria contro la Banca e di chiedere un importante risarcimento danni.

La pronuncia 

La Cassazione, sulle ombre delle decisioni prese dal Tribunale prima, e dalla Corte d’Appello poi, ha deciso che il tentativo di truffa messo in atto dal nipote e dal nonno, fosse più grave rispetto al mancato controllo delle firme che la Banca è obbligata a fare, che in tal caso ha omesso.

Per tale motivo il ricorso è stato rigettato.

Banca mancato controllo firme

Avv. Marco Damoli

Laureato in giurisprudenza presso l’Università degli Studi di Ferrara, dopo aver conseguito l’abilitazione presso la Corte d’Appello di Venezia, è iscritto all’Albo degli Avvocati di Verona. È esperto di diritto civile e diritto commerciale.

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La Prima Sezione civile della Corte di Cassazione, con sentenza n. 15730/2019, depositata l’11 giugno 2019, ha disposto che se l’handicap dei genitori comporta una condizione di rischio per i figli, questi ultimi possono essere adottati.  

Il fatto

Due genitori, portatori di handicap, hanno proposto ricorso per evitare che il figlio venisse inserito nelle liste di adozione.

In tal caso, sia il Tribunale che la Corte d’Appello, a seguito di perizie, hanno diagnosticato alla madre un ritardo mentale di media gravità e per questo seguita da Servizi Sociali.

Il padre, affetto anch’egli da ritardo mentale lieve, però associato all’uso di alcol e cannabinoidi.

Non è stato messo in dubbio dai giudici l’amore dei genitori e la profusione d’affetto nei confronti del figlio, il problema si verifica quando, nella cura primaria del figlio, viene ad ingenerarsi un rischio.

La pronuncia 

Dello stesso avviso è stata la Cassazione che ha confermato quanto deciso dal Tribunale prima, e i giudici territoriali poi, affermando che la malattia dei genitori, potrebbe compromettere irreversibilmente, secondo i Giudici, «la capacità di allevare ed educare il figlio, traducendosi in una totale inadeguatezza a prendersene cura».

In conclusione, la Corte, ha deciso valutando il benessere psico-fisico del bambino che può essere salvaguardato solo con l’adozione.

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Avv. Marco Damoli

Laureato in giurisprudenza presso l’Università degli Studi di Ferrara, dopo aver conseguito l’abilitazione presso la Corte d’Appello di Venezia, è iscritto all’Albo degli Avvocati di Verona. È esperto di diritto civile e diritto commerciale.

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La Seconda Sezione civile della Corte di Cassazione, con sentenza n. 21479/2018, depositata il 31 agosto 2018, ha statuito che l’ex convivente more uxorio che, al termine della convivenza, ha apportato migliorie alla abitazione di proprietà dell’altro convivente, ha diritto a vedersi riconosciuto il rimborso delle spese sostenute.  

Il fatto

Durante la convivenza, un soggetto ha messo a disposizione una somma di denaro per ristrutturare e arredare l’abitazione.

La casa era di proprietà dell’altro convivente e, venuta meno la convivenza more uxorio, l’ex che aveva versato le proprie finanze per migliorare l’abitazione, aveva, chiaramente, subito un impoverimento.

Di talchè, lo stesso soggetto decideva di adire il Tribunale per farsi rimborsare la spesa sostenuta.

La richiesta di restituzione era stata proposta a titolo di arricchimento senza causa e/o di indebito oggettivo.

La pronuncia 

La Cassazione ha confermato quanto deciso dai giudici territoriali, precisando che la somma versata per ristrutturare e arredare l’immobile, da parte dell’ex, ha depauperato le finanze generando un ingiustificato impoverimento, non potendo lo stesso più goderne.

Ha creato anche un oggettivo arricchimento alla ex convivente, proprietaria della abitazione, che dalla futura vendita avrebbe potuto ricavare un importante profitto.

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Avv. Marco Damoli

Laureato in giurisprudenza presso l’Università degli Studi di Ferrara, dopo aver conseguito l’abilitazione presso la Corte d’Appello di Venezia, è iscritto all’Albo degli Avvocati di Verona. È esperto di diritto civile e diritto commerciale.

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La Corte di Cassazione, Sezione Seconda civile, con sentenza n. 13680/19, depositata il 21 maggio 2019, ha disposto che in ambito di revocazione del testamento, nell’ipotesi che vi siano dei figli non riconosciuti, l’art. 687, comma 1, c.c., prevede una modificazione dell’assetto familiare rispetto a quanto deciso dal de cuius quando ha disposto dei suoi beni.

Il fatto

Durante l’iter processuale di una causa di successione familiare, il figlio naturale non è stato riconosciuto come tale pur essendo a conoscenza, il de cuius, dell’esistenza.

Il ricorrente, ha sostenuto nel motivo di ricorso la violazione dell’art. 687 c.c..

Precisa che va revocato, in presenza di un figlio naturale non riconosciuto, il diritto di testamento.

La pronuncia 

La Cassazione ha ribadito che in presenza di testamento e di figli naturali non riconosciuti, vi è un fondamento oggettivo che riguarda la modificazione dell’assetto familiare rispetto a quando il de cuius ha disposto dei suoi beni.

In conclusione, è stato accolto il ricorso del figlio poichè, il testatore, ha redatto un testamento essendo a conoscenza di avere un figlio.

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Avv. Marco Damoli

Laureato in giurisprudenza presso l’Università degli Studi di Ferrara, dopo aver conseguito l’abilitazione presso la Corte d’Appello di Venezia, è iscritto all’Albo degli Avvocati di Verona. È esperto di diritto civile e diritto commerciale.

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La Corte di Cassazione, Sezione Terza Civile, con ordinanza n. 14382/19, depositata il 27 maggio 2019, ha statuito che il padre che ha fatto mancare il contributo economico e il proprio sostegno alla figlia, procurandole problematiche a livello morale e materiale, deve risarcire il danno.

Il fatto

La figlia, a seguito della separazione dei genitori, accusa il padre di aver violato i diritti di mantenimento, educazione e istruzione.

Lo stesso padre afferma di essere stato un padre assente dopo che è stato citato in Tribunale dalla ex compagna.

La figlia sostiene che, il padre, non ha prestato attenzione alle problematiche di relazione e comportamentali, senza porvi alcun rimedio.

La pronuncia 

La Cassazione, a seguito della disamina dei fatti, ha affermato che le colpe del padre sono palesi con le conseguenti ripercussioni sullo stato di salute della figlia.

L’obbligo di mantenimento, istruzione, educazione ed assistenza gravano su entrambi i genitori.

In definitiva è stato accertato da parte dei giudici della Suprema Corte di Cassazione il pregiudizio morale e il pregiudizio all’integrità psichica subiti dalla ragazza e il conseguente diritto di essere risarcita dal padre, che dovrà versare la cifra di oltre 66mila euro.

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 Avv. Marco Damoli

Laureato in giurisprudenza presso l’Università degli Studi di Ferrara, dopo aver conseguito l’abilitazione presso la Corte d’Appello di Venezia, è iscritto all’Albo degli Avvocati di Verona. È esperto di diritto civile e diritto commerciale.

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La Corte di Cassazione, Sezione Seconda Civile, con ordinanza n. 14091/19, depositata il 23 maggio 2019, ha precisato che per poter parlare di veduta è necessario che vi sia un “prospectio“, e quindi, non solo la veduta frontale, bensì anche la possibilità di visione laterale.

Il fatto

La vicenda in questione è nata poiché un condomino si è rivolto al Tribunale per domandare la demolizione o l’arretramento di una opera edilizia effettuata sul lastrico solare.

Tale volume è stato ritenuto dal ricorrente non a distanza regolamentare.

La domanda è stata respinta dai giudici del merito poichè la costruzione, a seguito di un accertamento compiuto dal CTU, è risultato essere una porta e non una finestra, per cui la sua funzione è stata identificata non tanto come quella di affacciarsi, bensì quella di permettere l’accesso.

Sia il Tribunale che la Corte d’Appello hanno rigettato con sentenza il ricorso.

La pronuncia 

La Cassazione, a seguito dell’esame del CTU, ha stabilito che le porte finestrate sono quelle che presentano finestre che sono identificabili come vedute e non come semplici luci, poichè la sua funzione essenziale risuta quella oltre che di inspicere anche di prespicere.

Per questo, essendo identificata come una porta, non si applica la distanza minima di 10 metri.

Il principio di diritto è quello per cui l’obbligo nelle costruzioni di osservare le distanze è previsto solo quando si sia in presenza di vedute e non di luci: nel caso in oggetto, essendo luci e non vedute, il tribunale ha respinto il ricorso degli attori non ritenendo sussistente l’elemento della distanza.

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 Avv. Marco Damoli

Laureato in giurisprudenza presso l’Università degli Studi di Ferrara, dopo aver conseguito l’abilitazione presso la Corte d’Appello di Venezia, è iscritto all’Albo degli Avvocati di Verona. È esperto di diritto civile e diritto commerciale.

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La Corte di Cassazione, Sezione Quarta penale, con sentenza n. 22080/19, depositata il 21 maggio 2019, ha statuito che il comportamento dell’automobilista alla guida non è da ritenersi punibile poichè il superamento della soglia di punibilità è ridotta, non ha posto in essere manovre pericolose e ha guidato durante la notte senza traffico.

Il fatto

Un automobilista tedesco ha percorso una strada extraurbana e, in seguito ad un controllo della polizia stradale, è risultato avere un grado alcolemico poco al di sopra del limite legale.

Il tasso alcolemico rilevato è di 0,82 grammi per litro.

Sia il Tribunale che la Corte d’Appello poi, hanno convenuto sulla punibilità del soggetto.

La pronuncia 

La Cassazione, invero, ha ritenuto non punibile l’automobilista, poichè il comportamento posto in essere è stato ritenuto di lieve entità dato che lo stesso era incensurato e senza carichi pendenti per fatti diversi.

Inoltre, è stato ritenuto lieve la circostanza del superamento di pochi grammi per litro, non è stata posta alcun tipo di manovra pericolosa per altri automobilisti e guidava in assenza di traffico e alle quattro della mattina.

Per rafforzare la decisione, gli Ermellini, hanno indicato che sul verbale non era stata annotato alcun tipo di violazione di norme del Codice della Strada.

Per tale motivo la Corte ha sancito la non punibilità dell’automobilista ex art. 131 bis cod. pen..

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 Avv. Marco Damoli

Laureato in giurisprudenza presso l’Università degli Studi di Ferrara, dopo aver conseguito l’abilitazione presso la Corte d’Appello di Venezia, è iscritto all’Albo degli Avvocati di Verona. È esperto di diritto civile e diritto commerciale.

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La Corte di Cassazione, Sezione Lavoro, nell’ordinanza 11129/19, depositata il 19 aprile, ha affermato che al momento del decesso dell’ex coniuge, il superstite ha diritto al riconoscimento della pensione di reversibilità, o una quota di essa, solo se è titolare di un assegno divorzile.

Il fatto

Una donna, rimasta vedova, ha fatto domanda per vedersi riconosciuta la pensione di reversibilità del marito dal quale aveva divorziato.

L’assegno divorzile deve essere riconosciuto dal Tribunale con sentenza che abbia pronunciato lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio.

Il Tribunale ha respinto la domanda sul rilievo che l’assegno stabilito in sede di separazione, di natura alimentare e fondato sul presupposto della permanenza del vincolo coniugale, non poteva continuare una volta dichiarata la cessazione degli effetti del matrimonio.

La Corte territoriale ha confermato quanto statuito dal Tribunale.

La pronuncia 

I motivi di impugnazione che sono stati sollevati dalla donna sono stati ritenuti infondati dalla Suprema Corte di Cassazione.

La Corte ha rigettato il ricorso proposto dalla donna e ha condannato la stessa al pagamento delle spese del giudizio di legittimità in favore del contro ricorrente.

nessuna pensione di reversibilità se no titolari di assegno di divorzio

Avv. Marco Damoli

Laureato in giurisprudenza presso l’Università degli Studi di Ferrara, dopo aver conseguito l’abilitazione presso la Corte d’Appello di Venezia, è iscritto all’Albo degli Avvocati di Verona. È esperto di diritto civile e diritto commerciale.

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La Seconda sezione civile, della Suprema Corte di Cassazione, con sentenza n. 8277/2019, depositata in data 25 marzo 2019, ha cassato la sentenza della Corte territoriale precisando che deve verificare la soglia di tollerabilità delle immissioni di alcuni pali dell’alta tensione installati, da parte di una Società, nella parte retrostante di due appartamenti in condominio. 

Il fatto

I proprietari degli appartamenti in condominio hanno sostenuto che durante una notte, degli operai di una Società confinante con il rispettivo fabbricato, hanno installato dei pali dell’alta tensione.

A detta dei proprietari, tali installazioni abusive, emettevano radiazioni lesive per la salute, chiedendo la condanna alla rimozione e al risarcimento danni.

Il Tribunale prima e la Corte d’appello poi, hanno accolto le domande dei ricorrenti condannando la Società. 

La pronuncia 

I giudici dell’appello, hanno applicato il principio di precauzione sostenendo che, anche se non vi sono prove che statuiscono il nesso di causalità, il danno alla salute si reputa presunto anche se la scienza medica non ha riscontrato effetti negativi con l’esposizione dell’uomo ai campi elettromagnetici.

In conclusione, la Corte di Cassazione ha cassato la sentenza a diversa composizione della Corte d’appello, non avvallando la decisione dei giudici del secondo grado.

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Avv. Marco Damoli

Laureato in giurisprudenza presso l’Università degli Studi di Ferrara, dopo aver conseguito l’abilitazione presso la Corte d’Appello di Venezia, è iscritto all’Albo degli Avvocati di Verona. È esperto di diritto civile e diritto commerciale.

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