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La Cassazione civile, Sezione Lavoro, nella sentenza del 2019, ha precisato che nel caso di erroneo calcolo dei contributi da parte dell’INPS, la responsabilità ricade anche sull’assicurato.

Il fatto

Il caso in oggetto riguarda la richiesta effettuata da un contribuente al’Inps, riguardo alla sua posizione contributiva.

L’Istituto ha comunicato all’uomo che aveva i requisiti per il conseguimento della pensione d’anzianità, cosicché decise di dare le dimissioni dal posto di lavoro.

In seguito ricevette una comunicazione che, tale posizione contributiva, riguardava altra persona col medesimo cognome e data di nascita.

L’Inps inviò una raccomandata con richiesta di restituzione della somma erogata.

L’uomo agì per vie legali. 

La Corte territoriale, in parziale riforma della sentenza di primo grado, diede ragione al contribuente con riconoscimento, però, del concorso colposo nella causazione del danno

La pronuncia

La Corte di Cassazione ha affermato che l’Istituto è comunque responsabile dei dati forniti sulla posizione contributiva, però ha riscontrato, nel comportamento del contribuente, un concorso di colpa, poiché con l’ordinaria diligenza, chiunque ha il dovere di limitare e interrompere un eventuale danno.

Infine, la Corte ha rigettato entrambi i ricorsi proposti dall’Inps e dal contribuente.

Avv. Marco Damoli

Laureato in giurisprudenza presso l’Università degli Studi di Ferrara, dopo aver conseguito l’abilitazione presso la Corte d’Appello di Venezia, è iscritto all’Albo degli Avvocati di Verona. È esperto di diritto civile e diritto commerciale.

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La Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 8275/2019, depositata in data 25 marzo 2019, ha affermato che, per la regolarità della convocazione dell’assemblea condominiale, basta la prova, inviata all’indirizzo dei condomini, della spedizione della raccomandata.

Il fatto

Un condomino ha proposto ricorso e ha sostenuto la non validità della convocazione assembleare, poiché non ha ricevuto correttamente la raccomandata.

Il Tribunale ha affermato che non è necessaria la ricezione della raccomandata, bensì basta la prova dell’invio da parte dell’amministratore.

E’ stato proposto ricorso in Cassazione dopo che la Corte territoriale ha confermato la sentenza del Tribunale.

La pronuncia 

La Cassazione ha affermato che la convocazione dell’assemblea non rientra nel novero del regime delle notificazioni, bensì nel 1335 c.c. che richiama la conoscibilità e non la conoscenza dell’atto.

Quindi, in tal caso, sarebbe stato onere del condomino dimostrare il mancato recepimento dell’atto di convocazione dell’assemblea per causa a lui non imputabile.

Per concludere, la Corte di Cassazione ha ribadito che l’atto di convocazione dell’assemblea è un atto unilaterale recettizio di natura privata.

Di talchè, il condominio avrà esclusivamente l’onere di dimostrare la data di invio dell’atto all’indirizzo del condomino.

Valida assemblea anche senza la ricezione atto, basta dimostrare l'invio

 

Avv. Marco Damoli

Laureato in giurisprudenza presso l’Università degli Studi di Ferrara, dopo aver conseguito l’abilitazione presso la Corte d’Appello di Venezia, è iscritto all’Albo degli Avvocati di Verona. È esperto di diritto civile e diritto commerciale.

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La Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 7190/2019, depositata in data 13 marzo 2019, ha affermato che, ai sensi dell’art. 18 della Legge Fallimentare, sia il debitore che qualunque soggetto che sia interessato ad impugnare la sentenza dichiarativa di fallimento, può esercitare l’azione se, dalla stessa, derivano “effetti riflessi negativi” morali o patrimoniali.

Il fatto

E’ stato dichiarato inammissibile, dalla Corte di Appello, il reclamo contro la dichiarazione di fallimento.

La Corte, ha precisato che colui che ha proposto il reclamo, non essendo mai stato socio né amministratore della fallita, non fosse legittimato ad impugnare la sentenza di fallimento poiché egli era solo il liquidatore della società. 

Proposto ricorso in Cassazione, il soggetto istante ha affermato l’erronea visione della Corte del riesame, poiché era stato sia amministratore della società, fino al sequestro penale delle quote della società, ma era anche il titolare delle suddette quote.

La pronuncia 

Gli Ermellini hanno precisato che l’art. 18 della Legge Fallimentare afferma che qualunque soggetto interessato, ha la legittimazione al reclamo avverso la sentenza dichiarativa di fallimento e per questo anche all’amministratore di una società di capitali.

Questo potere che viene concesso ai legittimari ha la finalità di escludere “effetti riflessi negativi” morali e patrimoniali che possono verificarsi conseguentemente alla dichiarazione di fallimento. 

La Corte precisa che, chiunque dovesse subire un danno che deriva dalla dichiarazione, non è rilevante che posizione ricopra al momento della dichiarazione. 

In conclusione, è stato accolto il ricorso dell’istante ed è stata cassata la sentenza rinviandola alla Corte d’Appello, precisando che, a prescindere dalla carica ricoperta dal soggetto, se viene emesso un provvedimento che va a danneggiare il capitale sociale e il compendio aziendale vi è la possibilità di ricorrere.

Fallimento società dichiaraizone tutti possono proporre reclamo se interessati

Avv. Marco Damoli

Laureato in giurisprudenza presso l’Università degli Studi di Ferrara, dopo aver conseguito l’abilitazione presso la Corte d’Appello di Venezia, è iscritto all’Albo degli Avvocati di Verona. È esperto di diritto civile e diritto commerciale.

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