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Nel procedimento di mediazione obbligatoria disciplinato dal D.Lgs. 28/2010, è necessaria la comparizione personale delle parti davanti al mediatore, assistite dal difensore. Qualora quest’ultimo sia munito di apposita procura speciale sostanziale, egli può anche sostituire la parte.

La condizione di procedibilità può ritenersi realizzata al termine del primo incontro davanti al mediatore se una o entrambe le parti comunichino la propria indisponibilità di procedere oltre.

Il fatto

Il proprietario di un’unità immobiliare ha chiesto al Tribunale di Udine di dichiarare la risoluzione del contratto di locazione stipulato con un conduttore per la mancata prestazione del deposito cauzionale.

L’inquilino si è costituito eccependo l’improcedibilità della domanda per mancato previo esperimento del tentativo obbligatorio di mediazione, previsto dal D.Lgs. 28/2010.

Su invito del giudice, si è avviata, dunque, tale procedura.

Al primo incontro hanno partecipato i soli procuratori delle parti, che hanno chiesto un breve rinvio.

Successivamente, gli stessi legali hanno comunicato telefonicamente al mediatore l’impossibilità delle parti di raggiungere un accordo stragiudiziale.

Il secondo incontro, dunque, non si è mai tenuto.

All’esito del procedimento giudiziale, il Tribunale ha dichiarato l’improcedibilità della domanda per la mancata sussistenza della condizione di procedibilità.

Questa sentenza è stata confermata dalla Corte d’Appello di Trieste.

Il proprietario dell’immobile ha, quindi, promosso ricorso per cassazione.

La pronuncia

 Con la sentenza n. 8473, pubblicata il 27 marzo 2019, la Suprema Corte di Cassazione ha risolto due questioni giuridiche:

  • la parte che propone la mediazione è tenuta a comparire personalmente davanti al mediatore affinché il tentativo si possa ritenere compiuto?

L’art. 8 del D.Lgs. 28/2010 ha previsto espressamente che al primo incontro davanti al mediatore debbano essere presenti sia le parti che i loro avvocati. Di conseguenza, la parte non può evitare di presentarsi davanti al mediatore mandando il solo avvocato. In ogni caso, la comparizione può essere anche delegata. E non è previsto ed escluso che la delega possa essere conferita anche al proprio difensore. A tal fine, la parte deve conferirgli una procura avente lo specifico oggetto della partecipazione alla mediazione e il conferimento del potere di disporre dei diritti sostanziali che ne sono oggetto. Resta sottinteso che la parte non possa conferire tale potere con la procura conferita al difensore e da questi autenticata, benché possa conferirgli con essa ogni più ampio potere processuale. Il conferimento del potere di partecipare in sua sostituzione alla mediazione non fa parte dei possibili contenuti della procura alle liti autenticabili direttamente dal difensore.

  • quando si può ritenere che il tentativo di mediazione obbligatoria sia utilmente concluso?

Secondo l’art. 8 predetto, la parte che intende agire in giudizio ha l’onere di dar corso alla mediazione obbligatoria, cioè di avviare la procedura e comparire al primo incontro davanti al mediatore. Durante questa riunione, il mediatore invita le parti ed i loro avvocati ad esprimersi sulla possibilità di iniziare la procedura di mediazione. Se viene dato il via per procedere alla successiva fase di discussione, il mediatore andrà avanti. Si fermerà, invece, se il potenziale convenuto non compare o dichiari di non essere interessato alla mediazione. Allo stesso modo anche l’attore può dichiarare di non volersi impegnare nella procedura. In tutte queste ipotesi, la condizione di procedibilità è soddisfatta. Non è, per contro, idonea modalità di svolgimento della mediazione la mera comunicazione di aver sondato l’altra parte e di aver concordemente escluso la possibilità di addivenire ad un accordo, perché in questo modo si elude l’onere di comparire personalmente davanti al mediatore e di partecipare al primo incontro.

Cass_8473_2019

Avv. Mattia Verza

Laureato in giurisprudenza presso l’Università degli Studi di Verona, dopo aver conseguito l’abilitazione presso la Corte d’Appello di Venezia, è iscritto all’Albo degli Avvocati di Verona. È esperto di diritto civile e diritto commerciale.

La domanda di risarcimento dei danni conseguenti ad affermazioni offensive contenute in scritti difensivi e rivolte nei confronti del giudice che sta trattando la causa deve essere proposta in separato giudizio, ai sensi dell’art. 89 c.p.c..

Il fatto

Nel corso di una causa trattata davanti all’Ufficio del Giudice di Pace di Apricena, la società convenuta ha inserito in un atto giudiziario una serie di considerazioni lesive del prestigio professionale e dell’onore del giudicante, oltre ad aver presentato otto istanze di ricusazione nei suoi confronti, tutte rigettate.

Il Giudice di Pace, allora, ha citato in giudizio questa società per ottenere il risarcimento dei danni non patrimoniali patiti, essendo integrati i presupposti per i reati di ingiuria e diffamazione.

Sia il Tribunale di Lucera, in primo grado, sia la Corte d’Appello di Bari, in secondo, tuttavia, hanno rigettato la domanda per due motivi.

In primo luogo, perché la richiesta avrebbe dovuto essere formulata nei confronti del legale della società, essendo egli l’autore degli atti giudiziari.

In secondo luogo, perché, ai sensi dell’art. 89 c.p.c., la domanda risarcitoria avente ad oggetto frasi offensive contenute negli scritti difensivi presentati davanti all’autorità giudiziaria avrebbe dovuto essere sanzionata nell’ambito dello stesso giudizio.

Il soccombente ha quindi promosso ricorso per cassazione.

La pronuncia

Con la sentenza n. 4733, pubblicata il 19 febbraio 2019, la Suprema Corte ha accolto i motivi del Giudice di Pace, perché fondati.

Da un lato, in quanto, essendo le offese rivolte nei confronti del giudice e non nei confronti dell’altra parte processuale o dell’altro difensore, non è applicabile l’art. 89 c.p.c..

Dall’altro lato, in quanto, in conformità alla consolidata giurisprudenza di legittimità, “il destinatario della domanda (…) è sempre e solo la parte, la quale – se condannata – potrà rivalersi nei confronti del difensore, cui siano addebitabili le espressioni offensive, ove ne ricorrano le condizioni“.

Il giudice ha dunque correttamente proposto la domanda risarcitoria e ha ricevuto il risarcimento dei danni non patrimoniali patiti.

Cass_4733_2019

Avv. Mattia Verza

Laureato in giurisprudenza presso l’Università degli Studi di Verona, dopo aver conseguito l’abilitazione presso la Corte d’Appello di Venezia, è iscritto all’Albo degli Avvocati di Verona. È esperto di diritto civile e diritto commerciale.