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Nei casi in cui il titolare del bene protetto non intenda concedere lo sfruttamento della riproduzione fotografica dei propri dati personali ad altri, non può essere escluso un danno patrimoniale.

Anche qualora non possano essere dimostrate specifiche voci di danno patrimonialmente valutabili, la parte lesa può comunque chiedere una determinazione di tale importo in via equitativa, avuto riguardo alla consistenza del vantaggio economico conseguito dall’autore dell’illecita pubblicazione e ad ogni altra circostanza congruente con lo scopo della liquidazione.

Il fatto

Una rivista di cronaca rosa ha pubblicato 13 fotografie che hanno ritratto un attore famoso in atteggiamenti intimi con una nota soubrette.

Egli ha, dunque, citato in giudizio il direttore e la casa editrice della rivista chiedendo il risarcimento per i danni subiti.

Il Tribunale di Milano ha condannato entrambi i convenuti al pagamento di una ingente somma a titolo di risarcimento dei danni sia patrimoniali, sia non patrimoniali.

La Corte d’Appello meneghina, tuttavia, pur avendo confermato la sussistenza delle violazioni del diritto alla riservatezza dell’appellato e del trattamento illecito dei suoi dati personali, ha negato l’esistenza di un danno patrimoniale. Non ha, infatti, riscontrato la possibilità di sfruttamento economico delle immagini da parte dello stesso attore.

Quest’ultimo, allora, ha promosso ricorso per cassazione, ritenendo per contro che avrebbe consentito alla pubblicazione delle proprie immagini dietro corrispettivi milionari.

La pronuncia

La Suprema Corte di Cassazione, con la sentenza n. 1875, depositata il 23 gennaio 2019, ha accolto il ricorso perché fondato.

Secondo i giudici di legittimità, chiunque pubblichi abusivamente il ritratto di una persona notoria è tenuto, nei suoi confronti, al risarcimento del danno.

La quantificazione di questo è operata tenendo conto delle cause di detta notorietà: se essa consegue ad esercizio di un’attività di sfruttamento rimunerato dell’immagine, l’abusiva pubblicazione comporta un danno di natura patrimoniale.

La persona danneggiata, pertanto, deve essere risarcita del pregiudizio economico di cui ha risentito. E qualora esso non possa essere dimostrato, l’importo può essere determinato in via equitativa dal giudice.

Cass_1875_2019

Avv. Mattia Verza

Laureato in giurisprudenza presso l’Università degli Studi di Verona, dopo aver conseguito l’abilitazione presso la Corte d’Appello di Venezia, è iscritto all’Albo degli Avvocati di Verona. È esperto di diritto civile e commerciale, con particolare riferimento al settore real estate.

L’inserimento di foto di minori sui social network deve considerarsi un’attività in sé pregiudizievole, in ragione delle caratteristiche proprie della rete internet.

Il fatto

All’esito di un divorzio, i figli sono stati assegnati congiuntamente ai genitori, con collocazione presso la madre.

Già prima dello scioglimento del matrimonio, la nuova compagna del padre ha condiviso ripetutamente sui social network fotografie dei figli minorenni degli ex coniugi.

Nonostante le diffide, sia verbali sia scritte, inviate alla signora, questa ha continuato a porre in essere il comportamento pregiudizievole nei confronti dei minori.

La madre ha, quindi, adito il Tribunale di Rieti, in via d’urgenza, per ottenere l’opportuna tutela nei confronti degli interessi dei propri figli.

La pronuncia

I giudici laziali, con la sentenza del 7 marzo 2019, hanno ritenuto fondata la progettazione della ricorrente.

La tutela della vita privata e dell’immagine dei minori è disciplinata, nel nostro ordinamento, dall’art. 10 c.c., dal Codice della Privacy e dalla Convenzione di New York del 1989.

Secondo l’Unione Europea, i minori meritano una specifica protezione relativamente ai loro dati personali. Essi possono essere meno consapevoli dei rischi, delle conseguenze e delle misure di salvaguardia e dei loro diritti in relazione al trattamento dei dati personali.

Inoltre, “l’inserimento di foto di minori sui social network costituisce comportamento potenzialmente pregiudizievole per essi in quanto ciò determina la diffusione delle immagini fra un numero indeterminato di persone, conosciute e non, le quali possono essere malintenzionate e avvicinarsi ai bambini dopo averli visti più volte in foto on-line, non potendo inoltre andare sottaciuto l’ulteriore pericolo costituito dalla condotta di soggetti che taggano le foto on-line dei minori e, con procedimenti di fotomontaggio, ne traggono materiale pedopornografico da far circolare fra gli interessati, come ripetutamente evidenziato dagli organi di polizia (…) il pregiudizio per il minore è dunque  insito nella diffusione della sua immagine sui social network“.

Di conseguenza, la compagna del padre è stata condannata  alla rimozione delle immagini relative a questi ultimi e alla contestuale inibitoria della futura diffusione di tali immagini, in assenza del consenso di entrambi i genitori

Tribunale di Rieti

Avv. Mattia Verza

Laureato in giurisprudenza presso l’Università degli Studi di Verona, dopo aver conseguito l’abilitazione presso la Corte d’Appello di Venezia, è iscritto all’Albo degli Avvocati di Verona. È esperto di diritto civile e diritto commerciale.