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La costituzione di parte civile, esercitata nel procedimento definito con applicazione della pena su richiesta delle parti in sede di indagini preliminari, oltre a subire le preclusioni di cui all’articolo 444, comma 2, c.p.p. risulta illegittima se avviene nella specifica udienza di cui all’articolo 447 c.p.p..
La ratio della predetta, difatti, è quella di vagliare la conformità e l’adeguatezza dell’accordo raggiunto tra pubblico ministero ed imputato, a nulla rilevando i profili privatistici di risarcimento del danno fondanti la costituzione della parte eventuale all’interno del processo penale.
Neppure, se erroneamente lasciata costituire, la parte civile ha diritto al pagamento delle spese sostenute dovendosi ritenere, l’ultima parte del comma 2 dell’articolo 444 c.p.p., relativa ad una costituzione avvenuta antecedentemente alla formazione dell’accordo tra PM e imputato non potendosi porre, a carico del secondo, un atto processualmente inutile e superfluo come la costituzione di parte civile in sede d’udienza ex 447 c.p.p.

Il fatto

In data 29 novembre 2016, il Gip del Tribunale di Catania applicava all’imputato la pena, concordata a norma dell’articolo 444 c.p.p., per il reato di cui all’art. 609 undeces c.p. (adescamento di minori).
Con la suddetta sentenza il giudicante condannava l’imputato, altresì, al pagamento delle spese processuali per l’avvenuta costituzione di parte civile nella specifica udienza ex 447 c.p.p.
L’imputato proponeva ricorso alla Suprema Corte lamentando, quale unico motivo di doglianza, l’erronea condanna al pagamento delle suddette spese processuali per la costituzione della parte eventuale in tale sede ritenendo illegittima la statuizione del giudice catanese.

La pronuncia

Il ricorso appare fondato.
Il ragionamento dei giudici romani prende abbrivio dall’analisi dell’ultima parte del comma 2° dell’articolo 444 c.p.p. per il quale “se vi è costituzione di parte civile, il giudice non decide sulla relativa domanda. L’imputato è tuttavia condannato al pagamento delle spese sostenute dalla parte civile, salvo che non ricorrano giusti motivi per la compensazione totale o parziale”.
La suddetta disposizione viene recepita in ossequio alla granitica decisione della Corte Cost. n. 443 del 1990 che dichiarava illegittimo l’articolo 444 c.p.p. nella parte in cui non riteneva di dover ristorare il danneggiato, legittimamente costituitosi parte civile all’interno di un procedimento definito, successivamente, con l’applicazione della pena su richiesta delle parti.
La Corte Costituzionale, dando rilievo al dettato di cui all’odierno art. 79 c.p.p. per il quale “La costituzione di parte civile può avvenire per l’udienza preliminare e, successivamente, fino a che non siano compiuti gli adempimenti previsti dall’articolo 484” pone l’accento su un momento costitutivo in cui il danneggiato da reato, attraverso la costituzione, permane nell’aspettativa legittima di un concreto esercizio del suo diritto al risarcimento del danno subito o alle restituzioni.
Un errore di “tempismo”, pertanto, quello della costituzione avvenuta all’udienza ex 447 c.p.p. in quanto il danneggiato, «conoscendo in partenza l’oggetto del giudizio, ristretto alla decisione circa l’accoglibilità della richiesta di applicazione della pena su cui è intervenuto il patteggiamento tra imputato e pubblico ministero, non ha ragioni giuridiche per costituirsi parte civile» (in tal senso Cass. Pen. Sez. U, n. 47803 del 27/11/2008, D’Avino, Rv. 241356).
Trovava anche nel caso di specie applicazione il principio per cui all’udienza fissata in sede di indagini preliminari ex 447 c.p.p. non è consentita la costituzione di parte civile in quanto essa risulterebbe atto processualmente superfluo: se la richiesta concordata tra PM ed imputato fosse accolta, difatti, il gip non potrebbe pronunciarsi sulla questione civile mentre, se l’accordo avesse esito negativo, il danneggiato da reato potrebbe comunque costituirsi alla successiva udienza preliminare o antecedentemente all’apertura del dibattimento.
Dal principio sopra espresso consegue che l’errata costituzione non dia diritto al danneggiato per la restituzione delle spese sostenute essendo queste, giocoforza, ricollegate alla legittimità della costituzione stessa.
Per la Suprema Corte, in conclusione, non può essere posto a carico dell’imputato, anche in termini di costi e di spese sostenute, un atto processualmente inutile e privo di efficacia, illegittimo in quanto assolutamente ininfluente nella specifica udienza in questione.

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Avv. Giorgio Crepaldi

Laureato in giurisprudenza presso l’Università degli Studi di Ferrara, dopo aver conseguito l’abilitazione presso la Corte d’Appello di Venezia, è iscritto all’Albo degli Avvocati di Rovigo. È cultore della materia in Diritto processuale penale presso l’Università degli Studi di Ferrara.

Con la ordinanza n. 1921/2019, depositata il 24 gennaio 2019, la Sesta Sezione Civile della Suprema Corte di Cassazione, ha stabilito che se nel verbale di accertamento non sono indicati i controlli periodici degli apparecchi destinati all’alcoltest, procedure previste dal Ministero dei Trasporti, il suddetto verbale è illegittimo.

Il buon esito della cd. taratura obbligatoria annuale deve essere riportato sul libretto dell’etilometro, pena: l’impossibilità dell’utilizzo.

Il fatto

Nel caso di specie, Tizio è risultato positivo all’alcoltest e ha proposto ricorso dinnanzi al Giudice di Pace.

Lo stesso, dinnanzi il Tribunale di Roma, ha sostenuto la mancanza della taratura dell’alcoltest come previsto dalla legge, poiché, l’esito positivo, doveva essere inserito nel libretto dell’apparecchio.

Il giudice d’appello ha rigettato la doglianza, sostenendo che la prova contraria della legittimità del controllo doveva essere fornita dal contravventore.

Il ricorrente ha proposto ricorso per Cassazione.

La pronuncia

La Cassazione, in prima analisi, ha accolto il motivo proposto dal ricorrente.

Si afferma che l’onere di allegazione spetta all’opponente, e si applica l’onere della prova previsto dall’art. 2697 c.c..

Per tale motivo l’opponente, una volta sollevato il fatto, non ha l’onere di dover provare l’inesistenza dei fatti in oggetto, bensì l’obbligo si pone a carico della P.A..

La Corte ha abbracciato tale motivo di ricorso, affermando che non aderisce alla teoria del Tribunale di Roma.

Ogni etilometro deve avere un cd. libretto metrologico che identifica il tipo di apparecchio con le relative manutenzioni e controlli obbligatori per legge; quindi, il verbale di accertamento, deve contenere tutti i dati relativi agli adempimenti per garantire le operazioni di verifica.

La Pubblica Amministrazione, non v’è dubbio, deve assolvere tale onere della completa attività strumentale ai fini della legittimità dell’accertamento.

In conclusione, la P.A. ha violato il dettame dell’art. 2697 c.c., questione sollevata da Tizio, poiché avrebbe dovuto fornire la prova degli adempimenti summenzionati.

Studio Legale Damoli

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