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Con la recente sentenza n. 1028 del 16 gennaio 2019, la Sesta Sezione Civile della Suprema Corte di Cassazione ha ribadito il principio (già espresso, da ultimo, in Cass. n. 11028/2016) secondo il quale per privare di valore probatorio un foglio firmato totalmente o parzialmente in bianco, è necessaria la querela di falso e non il semplice disconoscimento di scrittura privata.

Il fatto

Nell’ambito di una compravendita di un’autovettura, il rivenditore ha consegnato l’automobile all’acquirente, provvedendo anche ad effettuare il passaggio di proprietà, mentre quest’ultimo ha pagato il prezzo del bene ed ha consegnato una fotocopia della propria patente, sottoscrivendola e indicando il proprio numero di telefono.

In un secondo momento, il commerciante ha riportato su questo foglio, di suo pugno, alcune righe di testo per obbligare il compratore a pagare un prezzo superiore rispetto a quello pattuito. Poi lo ha citato in giudizio per ottenere il pagamento, per l’intero, dell’importo maggiorato.

Il cliente, costituitosi in giudizio, ha eccepito l’avvenuto pagamento della minor somma realmente pattuita e ha disconosciuto, ai sensi dell’art. 214 c.p.c., il contenuto della scrittura privata intercorsa tra le parti.

Il Tribunale e, poi, la Corte d’Appello di L’Aquila hanno accolto la domanda del concessionario, condannando l’acquirente alla corresponsione, per l’intero, dell’importo più elevato.

La pronuncia

Anche i giudici del Palazzaccio hanno dato ragione al venditore, in quanto il compratore ha errato nella scelta dello strumento processuale: anziché proporre il disconoscimento della scrittura privata, avrebbe dovuto proporre la querela di falso.

Sul documento in questione, infatti, vi è rappresentata la copia fotostatica della patente del cliente, la sua sottoscrizione ed il suo recapito telefonico, oltre al testo riportato dal venditore. L’acquirente non ha contestato l’autenticità della firma collocata in calce alla scrittura, riconoscendo come proprio anche il documento d’identità raffigurato, ma ha unicamente disconosciuto il contenuto dell’atto. In sostanza, ha negato formalmente che il testo del documento fosse scritto di suo pugno, ma ha confermato che la sottoscrizione fosse la sua.

Quest’ultima, tuttavia, ai sensi dell’art. 2702 c.c., “vale ad ingenerare una presunzione iuris tantum di consenso del sottoscrittore al contenuto dell’atto e di assunzione di paternità dello scritto indipendentemente dal fatto che la dichiarazione non sia stata vergata o redatta dal sottoscrittore“.

Pertanto, per contestare la verità del testo e superare la predetta presunzione, cioè per denunciare il riempimento abusivo di un foglio absque pactis, sarebbe stata necessaria la querela di falso, disciplinata dagli artt. 221 e seguenti c.p.c..

Studio Legale Damoli

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