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In un contratto avente ad oggetto un pacchetto turistico “tutto compreso”, l’organizzatore ed il venditore assumono specifici obblighi, soprattutto di tipo qualitativo, riguardo a modalità di viaggio, sistemazione alberghiera e livello dei servizi, che vanno esattamente adempiuti. Pertanto, ove la prestazione non sia esattamente realizzata, si configura una loro responsabilità contrattuale, salvo che forniscano la prova che l’inadempimento sia ad essi non imputabile.

Il fatto

Una giovane coppia ha acquistato da un’agenzia viaggi un pacchetto turistico del tour operator Francorosso, comprendente il trasferimento aereo e l’alloggio presso un noto albergo. Le fotografie di quest’ultimo riportate sul depliant consegnato ai clienti riproduceva una bella spiaggia dinanzi all’albergo ed un bel mare.

Giunti sul posto, tuttavia, i turisti hanno constatato che la spiaggia fosse sporca ed il mare inquinato.

Dopo aver sostenuto le spese per spostarsi in un alloggio diverso e più adeguato, i giovani hanno citato in giudizio il tour operator, chiedendo il risarcimento dei danni patiti.

Inizialmente, il Tribunale di Pordenone ha respinto la domanda, ritenendo che la pulizia della spiaggia e la purezza dell’acqua del mare non potessero essere garantiti dall’organizzatore a mezzo della stampa di un depliant pubblicitario.

La Corte d’Appello di Trieste, poi, ha invece accolto la domanda, ritenendo che il libretto illustrativo fosse effettivamente parte integrante dell’offerta contrattuale.

L’operatore turistico, allora, ha promosso ricorso per cassazione, in quanto lo stesso non avrebbe mai potuto garantire che le condizioni del mare fossero sempre ottimali.

La pronuncia

La Suprema Corte di Cassazione, con la sentenza n. 5189, pubblicata il 4 marzo 2010, ha respinto il ricorso perché infondato.

In materia di viaggi e vacanze “tutto compreso”, in caso di mancato o inesatto adempimento delle obbligazioni assunte con la vendita del pacchetto turistico, l’organizzatore ed il venditore sono tenuti al risarcimento del danno.

Per evitare il sorgere di responsabilità a loro carico, essi avrebbero dovuto dimostrare o il caso fortuito, o l’esclusiva responsabilità del consumatore.

Nel caso di specie, dunque, il tour operator è stato condannato a risarcire il danno da vacanza rovinata.

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Avv. Mattia Verza

Laureato in giurisprudenza presso l’Università degli Studi di Verona, dopo aver conseguito l’abilitazione presso la Corte d’Appello di Venezia, è iscritto all’Albo degli Avvocati di Verona. È esperto di diritto civile e commerciale, con particolare riferimento al settore real estate.

La scelta operata da alcuni Comuni italiani di vietare l’ingresso agli animali sulle spiagge destinate alla libera balneazione è irragionevole ed illogica, oltre che irrazionale e sproporzionata, anche alla luce del potere della stessa Amministrazione di individuare tratti di arenile da destinare all’accoglienza degli animali da compagnia.

Il fatto

Il Comune di Latina, nel disciplinare la stagione balneare 2018, con delibera sindacale, ha vietato di condurre e far permanere qualsiasi tipo di animale, anche sorvegliato e munito di regolare museruola e guinzaglio, nelle proprie spiagge, concedendo solo la possibilità di introdurli negli stabilimenti balneari muniti di apposite zone attrezzate.

L’Associazione Earth ha promosso ricorso al T.A.R. del Lazio chiedendo l’annullamento del provvedimento, perché l’Amministrazione avrebbe dovuto individuare le misure comportamentali ritenute più adeguate piuttosto che imporre un divieto assoluto di accesso alle spiagge, il quale incide anche sulla libertà dei proprietari dei cani.

La pronuncia

I giudici amministrativi hanno accolto il ricorso perché fondato.

La delibera sindacale impugnata ha imposto irragionevolmente ai conduttori di animali il generalizzato divieto di accesso alle spiagge libere, in assenza di una motivazione che giustificasse tale scelta e senza specificare quali cautele comportamentali fossero necessarie per la tutela dell’igiene delle spiagge o dell’incolumità dei bagnanti.

Ha violato, dunque, il principio di proporzionalità, secondo il quale la P.A. deve optare, tra più possibili scelte ugualmente idonee al raggiungimento del pubblico interesse, per quella meno gravosa per i destinatari.

Il Comune per rispettare la legge avrebbe dovuto, per esempio, valutare se limitare l’accesso degli animali in determinati orari, o individuare aree all’uopo adibite.

TAR_Lazio_176_2019

Avv. Mattia Verza

Laureato in giurisprudenza presso l’Università degli Studi di Verona, dopo aver conseguito l’abilitazione presso la Corte d’Appello di Venezia, è iscritto all’Albo degli Avvocati di Verona. È esperto di diritto civile e diritto commerciale.